L’ormai tradizionale
Meeting di Assisi del CSI (giunto quest’anno alla
XII edizione), che si terrà
dal 6 all’8 dicembre, sarà un’occasione per fare il punto della situazione sull’
associazionismo sportivo. Che non è delle più rosee, nonostante
i volontari facciano davvero il massimo per andare avanti. “Dare voce allo sport di base” è il grido che a Roma, la mattina dell’8 novembre, hanno lanciato alle istituzioni e all’opinione pubblica.
È un allarme purtroppo molto fondato: oltre alla
difficoltà dovute alla situazione economica, si ritrovano a dover divincolarsi in una giungla di normative burocratiche, sanitarie e fiscali, piene di lacune e contraddizioni. Questo accade perché manca una legislazione chiara e specificamente dedicata all’argomento. La conseguenza di tutto ciò è drammatica: non riescono più a garantire quel servizio fin qui assicurato alla collettività –ovvero
l’educazione giovanile, l’inclusione e la coesione sociale. Nell’intervista qui di seguito
Massimo Achini (nella foto), presidente nazionale del CSI-Centro Sportivo Italiano (in termini numerici,
la più grande associazione del mondo cattolico) esprime preoccupazione per lo stato delle cose, ma allo stesso tempo la convinzione speranzosa che qualcosa di buono si stia muovendo. Guarda con molta simpatia alla
proposta di legge presentata alla Camera dai deputati Filippo Fossati e Bruno Molea, che mira al riordino dell’attuale legislazione in materia. Più in generale lo soddisfa il fatto che, per la prima volta nella storia repubblicana,
in Parlamento siedano molti politici che conoscono lo sport -anche per averlo praticato.
Qual è l’obiettivo del Meeting di Assisi?
«Lo riassumo con una battuta: è un po’ come se le Associazioni andassero “in ritiro”. Sul modello dei grandi club, che hanno bisogno di un momento nel corso dell’anno in cui respirare a pieni polmoni. La parola ritiro va intesa anche in senso spirituale, perché siamo nella città di San Francesco. Sarà anche un momento culturale, perché si approfondiranno i grandi temi dello sport e dell’educazione, e un momento di incontro con grandi personalità.
Chi saranno gli ospiti?
«Il presidente del CONI
Giovanni Malagò, insieme a lui capiremo quali novità apporterà la sua dirigenza; il ministro per gli Affari regionali
Graziano Delrio –che peraltro è un tesserato storico del CSI, ha fatto anche da allenatore in una nostra piccola squadra di Reggio Emilia;
Paolo Rossi (il calciatore), che racconterà la sua esperienza come allenatore di una squadra di Vicenza in carcere;
Andrea Lucchetta -che l’anno scorso, in una sezione del Meeting dove i giovani eleggono il loro atleta di riferimento, è risultato il vincitore;
monsignor Sànchez, sottosegretario al Pontificio Consiglio della Cultura;
don Michele Falabretti, responsabile Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana;
Mario Lusek, Direttore Ufficio Nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei. E poi ancora il
rappresentante della presidenza della Repubblica di Haiti (proprio lì abbiamo aperto il CSI nel 2002);
Rainer Bonhof, vicepresidente del Borussia Mönchengladbach –che vorrebbe organizzare un’amichevole coi ragazzi della
Clericus Cup, il torneo patrocinato da Città del Vaticano. Quasi sicuramente avremo
Mauro Berruto, il ct della Pallavolo azzurra che ultimamente ha ricevuto da
Enrico Letta l’incarico di presiedere
“Destinazione Sport”, progetto per avvicinare sport e governo. Berruto è un habitué di Assisi: propone sempre idee significative. Il Meeting, infine, sarà un’occasione per avviare i festeggiamenti del
settantesimo anniversario di CSI».
Potrebbe essere efficace uno slogan come questo: “Settanta ci dà tanto?”
«Ah ma questo è bellissimo, veramente originale. Lo useremo senz’altro, fa davvero al caso nostro».
Avete lanciato un “grido di dolore” a Roma. Perché?
«Partiamo da un dato: in Italia abbiamo un patrimonio inestimabile di 100.000 società sportive di base. Sono diffuse davvero ovunque, almeno quanto le caserme dei carabinieri. La cosa fondamentale da sottolineare sempre è il valore educativo e sociale di queste strutture: non servono a costruire i campioni di domani, bensì a cambiare in meglio la vita delle persone. Oggi si trovano in grande difficoltà, stritolate da una burocrazia ogni giorno più complicata. Nonostante siano la più grande espressione di volontariato organizzato in Italia, vivono con la sensazione che nessuno si occupi di loro. Abbiamo lanciato un grido d’allarme sintetizzato con la frase: “Dare voce allo sport di base”. Eh sì, perché tutti in linea teorica sono d’accordo sull’importanza dell’associazionismo sportivo, ma non è più solo il tempo delle buone parole. Il premier Letta, al Consiglio Nazionale del Coni, lo ha detto con chiarezza: è urgente una legge quadro sull’argomento. Devo dire che anche in passato ho chiacchierato con lui su questi temi: ne ho tratto l’impressione di uno che conosce bene il tema. C’è un dato vero, allarmante: alcune società sportive stanno chiudendo perché non ce la fanno più; se uno oggi si prende l’onore di diventarne presidente, me lo lasci dire, bisogna che sia un po’ matto. Tra l’altro è un patrimonio che il resto d’Europa ci invidia: abbiamo un’esperienza straordinaria, ma non siamo in grado di valorizzarla. Da parte nostra c’è tutta la volontà di rinnovare il settore. La campagna “Società sportiva del Terzo Millennio” parte da questo assunto: lo sport di base deve ripensarsi, imparare ad essere efficace in termini educativi nel tempo di oggi».
La proposta di legge dei deputati Fossati e Moleo è un buon segnale?
«Certamente sì. In questa legislatura, forse per la prima volta, ci sono in misura così grande parlamentari che provengono dallo sport e dall’associazionismo vicino allo sport. L’impegno di Fossati e Molea nell’elaborare quel testo è un aspetto molto, molto significativo: sono riusciti a scrivere un testo in tempi rapidi. Se però ancora una volta l’iter legislativo dovesse bloccarsi, a quel punto sarà nostra cura organizzare una raccolta di firme tra tutte le associazioni sportive per arrivare a una legge di iniziativa popolare».
Qual è il trend del volontariato nello sport di base?
«Devo dire che i numeri sono dalla nostra parte: il CSI è una realtà in forte crescita. L’anno scorso abbiamo superato il milione di tesserati. Tra questo milione, 150mila sono allenatori abilitati (ma in realtà sono molti di più considerando i non abilitati): stiamo parlando di un popolo che dedica una parte importante della propria vita, almeno dieci ore alla settimana, a tenere in piedi quello che resta un grande progetto educativo; rimane ben viva tra loro l’idea di educare alla vita attraverso lo sport. Con questi numeri siamo diventati la più grande associazione del mondo cattolico. Non lo diciamo certo per mostrare i muscoli, ma solo perché siamo ben consapevoli della responsabilità che abbiamo di fronte».
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