Salute
Aids: prime assunzioni di sieropositivi
Concluso il XV Congresso Nazionale Anlaids a Bari con una buona notizia: le aziende italiane, al momento limitate all'area lombarda, iniziano ad assumere sieropositivi
Nei confronti dell’Aids la Societa’ ha due volti, da una parte emargina i malati e dall’altra, facendo una rivoluzione culturale, comincia a schierarsi in favore degli stessi malati. Tutto questo emerge nella Sessione dedicata alle problematiche etico-sociali proprio in chiusura del Congresso Nazionale Anlaids in corso a Bari. Aziende italiane, al momento limitate all’area lombarda, iniziano ad assumere – forse e’ la prima volta – sieropositivi pur conoscendo il loro stato di salute rivelato, ecco il punto, dagli stessi malati. Le assunzioni avvengono nell’ambito di un programma finanziato dalla Comunita’ Europea. In pratica, le aziende che assumono i sieropositivi s’impegnano ad assicurare un lavoro compatibile con il loro stato di salute. I nuovi assunti sono obbligati a seguire corsi di formazione finanziati dalla Comunita’ Europea e gestititi da Associazioni di volontariato. Persistono tuttavia note dolenti dell’emarginazione. Questa volta la denuncia riguarda i detenuti. ”Se essere malato di Aids e’ un dramma, essere malato di Aids in carcere e’ una tragedia. Il detenuto malato, infatti, deve combattere – dice al Congresso dell’Anlaids il dottore Sandro Libianchi, medico, presidente di ”Co.N.O.S.C.I.” (Coordinamento Nazionale per la Salute nelle Carceri Italiane), una Onlus appena costituita e che raggruppa in rete tutti gli operatori sanitari pubblici e privati che operano nel settore penitenziario e della giustizia – non solo contro un virus che non perdona ma anche contro una burocrazia statale per la quale non esistono antidoti”. E cosi’ – si conferma dal congresso dell’Anlaids – nelle carceri italiane si muore ancora di Aids, non vengono messe in atto le terapie in modo congruo, mirato e tempestivo e non si fa nulla per motivare il detenuto a sottoporsi al test per l’Aids. I detenuti malati di Aids che arrivano al carcere portando con se’ i farmaci prescritti per la terapia si vedono sequestrare le medicine perche’ devono essere verificate. Passa del tempo prima che il malato possa riprendere la terapia. Tempo prezioso. E perde tempo prezioso anche il detenuto che non porta con se’ i farmaci: deve attendere la visita di uno specialista, tutta una serie di accertamenti e la decisione per le cure. E’ noto che l’interruzione della terapia, anche per pochi giorni, puo’ significare un aggravamento del gia’ critico stato di salute. Garantire al detenuto terapie tempestive e idonee, non significa solo considerare in tutta la sua pienezza il recluso come un uomo con gli stessi diritti della difesa della salute di tutti gli altri cittadini ma potrebbe consentire la restituzione alla Societa’, una volta scontata la pena, di un individuo con il virus sotto controllo. C’e’ una legge, un’ottima legge, che e’ stata approvata per riportare giustizia e umanita’ nelle carceri nei confronti dei detenuti malati. Ma le norme vengono boicottate perche’ evidentemente vanno in lotta di collisione con una serie di interessi che nulla hanno a che fare con il carcere e tanto meno con l’Aids. Particolare non trascurabile, l’applicazione della Legge 419/98 consentirebbe l’ingresso nel carcere di medici, psicologi, assistenti sociali e quanti altri in grado di aiutare il detenuto malato.
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