Welfare

Don Gino Rigoldi: «Ecco perchè difendo la Cancellieri»

Il cappellano del Beccaria: «Ha aiutato una persona? Non basta. Ne ha aiutate 100? Non basta ancora. Ha segnalato mille casi? Non basta, non basta. Deve interessarsi di tutti. Non ce la fa?». E poi si chiede: «Per i suoi detrattori sarebbe stato meglio non si fosse occupata di nessuno?»

di Antonietta Nembri

Lui che il carcere lo vive non ci sta ad adeguarsi al tiro al piccione che opinionisti e benpensanti hanno intrapreso contro il ministro Cancellieri, rea di aver segnalato il caso di Giulia Ligresti e aver detto una frase incriminata «Contate su di me», giudicata dai più “criminale”.
Già perché il lui in questione è don Gino Rigoldi, presidente di Comunità nuova e, soprattutto, da una quarantina d’anni cappellano del Beccaria, il minorile di Milano. Don Gino ha scritto al Corriere della Sera per difendere il ministro della Giustizia, un corsivo incisivo ma soprattutto chiaro.

Scrive don Rigoldi: «Ha aiutato una persona? Non basta. Ne ha aiutate 100? Non basta ancora. Ha segnalato mille casi? Non basta, non basta. Deve interessarsi di tutti. Non ce la fa? E allora meglio non occuparsi di nessuno» denunciando la logica del «tutto o niente», un ragionamento dietro il quale per il sacerdote c’è la convinzione che «sia possibile stabilire in Terra il perfetto mondo di Dio o della Dea Ragione, un paradiso nel quale nessuno si ammala, nessuno sbaglia, nessuno muore».
Un’utopia che chi da quarant’anni vive il mondo carcerario cercando di aiutare i tanti ragazzi che finiscono al Beccaria non può accettare «sarà perché, come lei, non sono riuscito a dare una mano a tutti, ma mi sento molto più vicino ai suoi limiti che non a quella sconfinata volontà di potenza che mi sembra animare i critici del ministro». Insomma, rimarca ancora don Rigoldi nella sua lettera «la nostra opera si svolge nella storia, nei confini tracciati dai nostri limiti che pur cerchiamo, umanamente, di superare. Lì possiamo fare qualcosa». Sembra di riecheggiare l’antico adagio “l’ottimo è nemico del bene”.

Don Rigoldi continua sottolineando poi come altri si siano impressionati per il fatto che «il ministro si è interessato a una donna ricca, e i ricchi, per definizione – continua – non soffrono e non possono avere amicizie. Ma c’è di più, di più: persino il figlio del ministro è ricco». Anche di fronte a questo atteggiamento ammette « non riesco però ad accodarmi a questa orgia dell’invidia, a questa esaltazione della maldicenza».

Di fronte a quello che don Gino stenta a definire un dibattito “politico”, lui da cappellano del Beccaria definisce la Cancellieri «un ministro concreto e competente, impegnato con grande determinazione a migliorare le incivili condizioni di vita dei detenuti italiani». E lo spunto lo trova nel testo delle legge «superficialmente chiamata “svuota carceri”» dove si parla «finalmente» chiosa il sacerdote di pene alternative, lavori di pubblica utilità e non solo di scarcerazioni anticipate.

La fine della lettera appare un chiaro riferimento ai tanti sepolcri imbiancati che costellano talk show e pagine dei giornali, il grande scandalo suscitato dalla frase «contate su di me» e qui don Gino Rigoldi ammette: «Quante volte l’ho pronunciata io stesso ad amici e parenti di qualche mariuolo: “Contate su di me, vostro figlio non sarà lasciato solo”. Oh, certo, è una frase che deve essere stata pronunciata anche da Totò Riina e Al Capone. E dal ministro Annamaria Cancellieri». Con buona pace dei benpensanti.


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