Non profit

Opal: Croce rossa e wargames, collaborazione inopportuna

Per l'Osservatorio permanente armi leggere è anche controproducente la scelta dell'Icrc, Comitato internazionale della Croce rossa, che nel collaborare con le aziende di videgiochi di guerra vuole far provare ai giocatori "gli stessi dilemmi dei veri soldati" sul tema del diritto umanitario internazionale

di Redazione

L’Osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia (Opal) ritiene “inopportuna e controproducente” l’iniziativa del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Icrc) di collaborare con le aziende produttrici di videogiochi che riproducono situazioni reali di guerra per introdurre nei videogames le regole di guerra e del diritto umanitario internazionale. Un recente comunicato diffuso dalla sede di Ginevra dell’Icrc, riporta di aver “iniziato a lavorare con gli sviluppatori di videogiochi di guerra così che i giocatori si trovino ad affrontare gli stessi dilemmi dei veri soldati”.

“Non solo in questo modo si legittima l’uso e la diffusione di questi videogiochi ma, paradossalmente, si contribuisce a renderli ancora più realistici creando una pericolosa affinità tra il gioco e la realtà”, commenta l’Opal. “Pur comprendendo che oggi questi videogiochi abbiano una diffusione planetaria e che sia necessario trovare delle modalità per evitare che contribuiscano a promuovere una concezione di tipo indiscriminato della guerra, riteniamo che l’intento di includere le regole di guerra così da rendere tali videogiochi ‘più vicini alla realtà’ sia artificioso e, soprattutto, controproducente”, sottolinea l’Osservatorio. 

“Ci stupisce che per cercare di evitare l’impressione nei giocatori che in guerra tutto è lecito la Croce Rossa Internazionale abbia finito col sottovalutare l’impatto nocivo generale di questi videogiochi soprattutto sui giovani e sulla loro percezione della realtà”, afferma Piergiulio Biatta, presidente di Opal Brescia. “Più che cercare di immettere nei videogiochi le regole della guerra ci saremmo aspettati dalla Croce Rossa una campagna internazionale per una rigorosa regolamentazione del loro utilizzo al di fuori degli ambienti militari o per lo meno per controlli molto severi sul loro accesso soprattutto ai minori”.

Uno studio pubblicato nel luglio del 2012 dal Journal of Experimental Social Psychology  riporta che “le persone che usano videogames violenti per tre giorni consecutivi mostrano comportamenti aggressivi e aspettative ostili che aumentano giorno dopo giorno”. Lo stesso studio diffuso dall’ICRC ammette che “se le ricerche non hanno stabilito un nesso di causalità tra giochi violenti e comportamenti violenti, non hanno però escluso un tale collegamento”. Il timore che ha spinto il comitato ginevrino a intervenire nel mondo dei videogiochi è che alcuni scenari virtuali, soprattutto quelli più realistici, possano indurre a banalizzare le gravi violazioni del diritto internazionale di guerra. Tra le principali violazioni segnalate dall’Icrc vi sono “l’uso di torture negli interrogatori, gli attacchi deliberati contro i civili, l’uccisione di prigionieri o feriti e gli attacchi contro il personale medico, le sue strutture e mezzi come le ambulanze o che chiunque possa essere ucciso”.

Il problema alla base è un altro, secondo Piero P. Giorgi, già Docente di Neuroscienze presso la Scuola di Scienze Biomediche della University of Queensland (Australia) e membro del Consiglio Scientifico di Opal: “Se pensiamo ai problemi di dipendenza e comportamentali collegati ai videogames o anche solo agli sforzi che milioni di genitori nel mondo devono quotidianamente fare per distogliere i propri figli dai videogiochi e soprattutto da quelli più realistici e violenti possiamo farci un’idea di quanto poco rilevante sia per loro sapere che i loro ragazzi stanno rispettando le regole del diritto umanitario internazionale mentre giocano alla guerra”, ragiona Giorgi. L’Opal, “pur riconoscendo che l’educazione alla pace e alla nonviolenza non rientrano tra gli obiettivi statutari della Croce Rossa Internazionale, evidenzia che non andrebbe tralasciato da parte di un’organizzazione umanitaria internazionale il più ampio impegno per evitare lo sviluppo di strumenti, come i videogiochi, che permettono e diffondono, sia pur in forma virtuale, l’uso della violenza, sottovalutano la sofferenza e trascurano i principi e i valori umanitari”.

Come segnala l’ICRC, alcuni di questi videogiochi sono stati progettati e realizzati dalle stesse ditte che sviluppano simulazioni di teatri di battaglia per l’addestramento delle forze armate nei quali le leggi del diritto di guerra dovrebbero essere una componente necessaria. L’Opal ha intenzione di inviare le proprie osservazioni all’Icrc di Ginevra e alla sede romana della Croce Rossa Italiana manifestando la propria disponibilità ad approfondire la conoscenza e il dibattito su un tema così delicato e di notevole rilevanza sociale. Nello stesso tempo, l’Osservatorio intende dedicare un capitolo specifico del proprio prossimo annuario al tema dei videogiochi di guerra.


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