Welfare
Casa, a Roma per i Rom è un diritto negato
I criteri di accesso all'edilizia popolare del Comune della Capitale "non valgono" per chi vive nei campi. La ong: «Una discriminazione su base etnica. Ora Ignazio Marino cambi rotta».
«Un sistema a doppio binario di assegnazione degli alloggi che sta negando a migliaia di rom l’accesso a un alloggio adeguato». L'accusa è rivolta al Comune di Roma e arriva da Amnesty International, all'interno di un report pubblicato in questi giorni dal titolo “Due pesi e due misure: le politiche abitative dell’Italia discriminano i rom”.
«Il sistema di assegnazione degli alloggi pubblici», spiega John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International, «è congegnato e attuato in modo tale da condannare migliaia di rom, per semplici ragioni di etnia, a vivere in strutture segregate, al di sotto degli standard, in campi lontani dai servizi e dalle aree residenziali. Questa è una macchia per la città di Roma».
Il rapporto denuncia che, a seguito degli sgomberi forzati, oltre 4mila rom vivono nei «campi autorizzati della capitale , sovraffollati e recintati» e non possono accedere all'edilizia popolare. Alla fine del 2012, spiega il report, sono stati introdotti nuovi criteri per dare priorità nelle gradutaorie alle persone che si trovavano in gravi condizioni di svantaggio, dimoranti a titolo provvisorio in strutture fornire da enti caritatevoli o dallo stesso Comune di Roma. Però, «quando i rom risiedenti nei campi hanno iniziato a presentare domande, l’amministrazione municipale si è affrettata a chiarire che tali criteri non si applicavano nei loro confronti» .
Nel 2008 l’ex sindaco di Roma adottò il ‘Piano nomadi’ con l’obiettivo di chiudere gli insediamenti informali dei rom e trasferirne gli occupanti in campi autorizzati per soli rom. «Il piano», denuncia Amnesty, «parzialmente attuato, ha comportato sgomberi forzati per centinaia di rom. Molti rom sono stati lasciati senza speranza, condannati a una vita di segregazione, poverta’ ed esclusione sociale».
«Il ‘Piano nomadi’ ha comportato costosi spostamenti di famiglie e ha completamente mancato di affrontare le necessita’ abitative dei rom e la piu’ ampia questione della loro integrazione sociale. Anche il governo nazionale ha chiaramente riconosciuto che grandi campi segregati hanno rovinato la vita di generazioni di rom», sottolinea Dalhuisen. «Amnesty International non sta chiedendo che ai rom che vivono nei campi di Roma venga data priorita’ nell’accesso alla limitata disponibilit, di alloggi pubblici della capitale. Chiediamo che abbiamo uguale accesso, senza tener conto della loro etnia».
Il 28 ottobre, nel corso di un incontro con Amnesty International, la nuova amministrazione di Roma ha espresso l’intenzione di annullare la circolare discriminatoria che impedisce ai rom di accedere agli alloggi pubblici L’amministrazione capitolina ha inoltre comunicato la cessazione del ‘Piano nomadi’, un altro aspetto apprezzato da Amnesty International. «Ora il Comune di Roma deve far seguire azioni concrete», spiega Amnesty , «nel breve periodo, per mitigare la segregazione dei rom e le misere condizioni di vita di coloro che vivono nei campi e sviluppare un piano di più lunga durata per porre fine al sistema a doppio binario di assegnazione degli alloggi che condanna migliaia di rom a vivere nei campi».
Circa metà dei rom in Italia e’ costituita da cittadini italiani. Altri sono riconosciuti come rifugiati dall’ex Jugoslavia, sono immigrati provenienti per lo più dalla Romania o dai Balcani o apolidi, riconosciuti o di fatto. «I rom sono parte integrante della società’ italiana. Eppure, restano tra coloro che sono più gravemente colpiti da condizioni abitative profondamente inadeguate e da una diffusa discriminazione a Roma come in molte altre città italiane», conclude Dalhuisen.
Testimonianze
Miriana Halilovic, cittadina italiana, e’ sposata ed e’ madre di quattro figli, comprese due gemelle nate a meta’ del 2013. Dopo lo sgombero forzato da un campo informale nel 2010, la famiglia e’ stata trasferita in una piccola roulotte nel campo autorizzato di Salone. ‘Quando ci hanno trasferito dal Casilino 900, ci hanno detto che sarebbe stato per poco tempo. Adesso sono tre anni e mezzo che sto qui. Perche’ non abbiamo una casa? Che devo dire a mio figlio? Che gli altri sono meglio di noi?’. Miriana e’ in attesa dell’esito della sua domanda di un alloggio pubblico.
Hanifa, 23 anni, vive da tre anni nel campo autorizzato di Castel Romano con suo marito e cinque figli. ‘Hanno tolto la fermata dell’autobus. E’ come stare in prigione. Se non hai l’automobile puoi anche morire di fame!’
Georgescu Vassile, panettiere, e’ arrivato in Italia dalla Romania nel 1999 con sua moglie: ‘Ho fatto domanda per un alloggio pubblico nel 2011, avevo otto punti nella vecchia graduatoria, troppo pochi. Siamo tre famiglie in un container, compresi i miei due figli, le loro mogli e tre nipoti. Abbiamo pensato a una casa in affitto ma e’ troppo difficile. Per 11 persone, dovremmo pagare 1000 euro. Se ci aggiungi le spese, arrivi a 1500 euro. Non possiamo farcela. Abbiamo solo due stipendi’.
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