Mondo

Un film racconta il vero costo della moda globale

A 6 mesi dal crollo del Rana Plaza il documentario The True Cost farà luce sull’impatto globale della Fast Fashion, l’industria dell’abbigliamento a basso costo. Per finanziarlo una campagna di crowdfunding su Kickstarter

di Ottavia Spaggiari

E’ una storia che attraversa tre continenti e che parla, o meglio parlerà, di tutti noi, quella che ha intenzione di raccontare The True Cost, il documentario indipendente di Andrew Morgan, sull’industria dell’abbigliamento globale, perché quelli di noi che sono riusciti a sfuggire alla tentazione dell’acquisto a basso costo nelle catene dei brand multinazionali sono davvero pochissimi.
Lanciato da una frenetica campagna di crowdfunding su Kickstarter, che ha già raccolto 34 mila dollari e punta a raggiungere i 75 mila entro due settimane, The True Cost promette di raccontare la verità delle persone dietro al prezzo, spesso stracciato, di jeans e magliette che attraversano mezzo mondo prima di essere appese nei negozi delle nostre città. Il costo reale dei vestiti appunto. 
“Lo scorso aprile ero in un caffè a Los Angeles e mi è caduto l’occhio sul New York Times. In prima pagina c’era una foto di due ragazzini, più o meno dell’età dei miei figli. Erano inermi davanti a un gigantesco, muro di fotografie di persone scomparse.” Racconta Morgan. “E’ così che ho saputo del crollo del Rana Plaza.”  Il collasso dell’edificio nella città di Dacca, in Bangladesh, lo scorso aprile, ha provocato la morte di oltre mille persone, tra cui moltissimi operai che lavoravano nelle fabbriche dell’edificio, per realizzare capi di abbigliamento per le grandi multinazionali occidentali. E’ stata proprio la tragedia del Rana Plaza ad aver ispirato The true cost
“Per la prima volta nella storia, abbiamo la possibilità di vedere, in tempo reale qual è l’impatto che le nostre decisioni hanno sulle persone e sui luoghi, nel resto del mondo.” Spiega Morgan. “Lo sfruttamento delle persone e i danni ambientali che sono stati fatti in nome degli abiti a basso costo non è solo inaccettabile, ma è qualcosa che abbiamo l’obbligo morale di cambiare.” 
Morgan e lo staff della sua piccola casa di produzione indipendente, hanno passato gli ultimi cinque mesi a fare ricerca, intervistando i principali attori dell’industria tessile globale: imprenditori, designer ma anche economisti, operai, professori universitari e attivisti per i diritti umani. L’obiettivo: creare un documentario in grado di informare davvero i consumatori sull’effetto che un piccolo gesto, come l’acquisto di una maglietta, può avere su scala globale
“La verità è che come consumatori abbiamo molto più potere di quanto crediamo.” Spiega Morgan. “Ogni volta che compriamo qualcosa votiamo nel linguaggio universale più conosciuto che esista: il denaro. In un certo senso acquistare un prodotto significa offrire il proprio sostegno a qualcosa che è stato messo sul mercato.”
Convinto del potere dei consumatori, Morgan non poteva scegliere strumento più adatto del crowdfunding per produrre il suo documentario. “Il crowdfunding rappresenta la forza della collaborazione e in un certo senso anche il senso del nostro progetto. Non siamo più solo spettatori, non dobbiamo più per forza delegare ad altri le decisioni su quali siano i prodotti che vogliamo e su come vogliamo che siano realizzati.“ Racconta Morgan. “Su piattaforme come Kickstarter, chiunque, in qualsiasi parte del mondo può vedere il tuo progetto e decidere di darti una mano. In un certo senso il crowdfunding ti dà la possibilità di esporre le tue idee in un modo molto democratico”. 
E Morgan di crowdfunding se ne intende. Con le sue donazioni proprio su Kickstarter ha contribuito alla realizzazione di 13 progetti altrui e sulla piattaforma è già riuscito a finanziare due film, raccogliendo circa 30 mila dollari. The True Cost è la sua terza campagna di raccolta fondi. 
 “La nostra è una piccola casa di produzione, il crowdfunding non è l’unico modo per finanziare i nostri lavori, però sui progetti chiari che trasmettono valori e interessi condivisi, può funzionare bene.” 
Mancano circa due settimane per raccogliere 40 mila dollari e su Kickstarter se non raggiungi l’obiettivo di fundraising che ti sei posto, allora non porti a casa niente. Morgan non si sbilancia ma fa trapelare un certo ottimismo. “Quando si decide di raccogliere fondi con il crowdfunding, i soldi non sono l’unica cosa. Bisogna sempre tenere presente che le buone idee sono contagiose. Probabilmente, se credi di avere avuto un’idea grandiosa, allora c’è qualcun altro, da qualche parte, che quell’idea l’ha già avuta, molto prima di te.” E secondo Morgan è proprio questa la forza della raccolta fondi condivisa.
“Fino ad ora la campagna ci ha permesso di entrare in contatto con moltissime persone  che si occupavano già di queste tematiche. Stiamo creando un network sempre più ampio e più forte interessato a questi temi e la cosa migliore è che chiunque può darci una mano, facendo una donazione o semplicemente raccontando il nostro progetto. Il potere è nella condivisione.”
 


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