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Servizio Civile: la Consulta contro il ricorso dell’Asgi

Il Presidente della Consulta Nazionale interviene sul caso dell'azione legale contro il testo del bando nazionale di Scn

di Redazione

Leggo con preoccupazione il comunicato stampa della vostra Associazione, relativamente al prossimo bando di servizio civile nazionale, non aperto ai cittadini stranieri.

La preoccupazione non riguarda i contenuti del comunicato: nessuno dei componenti la Consulta ha ragioni di compiacimento per l’esclusione degli stranieri dal servizio civile.

Su questo tema, anzi, si può trovare ampia documentazione sulle prese di posizione di tanti Enti, strutture e persone interessate al servizio civile nazionale che, già al momento del varo della attuale legge ed anche in precedenza si erano espresse e battute perché il servizio civile nazionale diventasse palestra di cittadinanza aperta a tutti i giovani intenzionati a vivere in Italia, qualunque fosse la loro origine e provenienza.

C’è da essere preoccupati, invece, per due fatti estremamente concreti: il primo, le conseguenze di un eventuale blocco del bando disposto per via giudiziaria; il secondo, lo stato del diritto nel nostro Paese, dedotto dalla natura stessa delle argomentazioni indicate nel vostro comunicato.

Sul primo punto, ricordo soltanto che qualsiasi blocco del bando avrebbe come effetto soltanto quello di procrastinare ulteriormente l’avvio al servizio dei giovani volontari, ammessi al servizio dopo un anno, il 2012, durante il quale nessuno ha potuto fare questa esperienza perché non ci sono stati bandi disponibili. È evidente che i volontari non hanno responsabilità alcuna se la questione dell’accesso degli stranieri al servizio civile nazionale non è ancora stata affrontata e risolta. Ma sono loro, e gli Enti che li accolgono, a pagare le conseguenze di un ennesimo ritardo nel loro avvio al servizio.  E mi pare che questa consapevolezza l’abbiate anche voi.

Sul secondo, non nascondo il mio stupore per la disinvoltura con la quale una Associazione dedita allo studio dei problemi giuridici dell’immigrazione riesca a dare una lettura per lo meno parziale delle norme che regolano il servizio civile nazionale, ancorate sì al dovere di solidarietà sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 2, ma anche e primariamente al dovere di difesa della Patria sancito dalla stessa Costituzione all’articolo 52.

Su quale articolo si fondi il servizio civile nazionale in via prioritaria è stato definito chiaramente dalla Corte Costituzionale, soprattutto con la sentenza numero 228 del 2004, che sancisce senza ombre di dubbio la competenza statale in materia di servizio civile nazionale proprio perché attinente in via prioritaria la difesa della Patria e quindi non soggetta alla “condivisione” che riguarda, invece, gli ambiti nei quali il servizio civile nazionale si esplica.

La legge in vigore seleziona cittadini che volontariamente si impegnano per un anno a difendere la Patria con mezzi e strumenti non militari. Per farlo, partecipano e danno vita, insieme agli enti che li impiegano, ad una molteplicità di iniziative che coprono ampiamente lo spettro delle possibili declinazioni della solidarietà sociale. Ma lo fanno sulla base di una legge che riguarda direttamente la Difesa della Patria e, conseguentemente, la solidarietà.

Non esiste nessuna preclusione da parte di nessuno verso gli stranieri, anzi abbiamo più volte richiamato l’attenzione del Governo e delle forze politiche sulla necessità di affrontare per via legislativa questo nodo, nelle certezza che l’apertura del servizio civile nazionale agli stranieri, comunitari ed extracomunitari, sarebbe un motivo di arricchimento sia del servizio civile nazionale, sia delle esperienze che giovani italiani e non italiani – o non ancora italiani – potrebbero fare lavorando insieme per un anno.

Ma un passaggio legislativo è indispensabile, per autorizzare gli Uffici e lo stesso Governo ad operare nel senso dell’apertura che tutti auspichiamo. Farlo senza una modifica della legge significa operare contra legem, cosa difficile da chiedere con disinvoltura ad un Ministro o ad una Amministrazione pubblica.

Il fatto che le vostre argomentazioni, riferite ad un aspetto parziale della questione servizio civile nazionale, (non penso certo ad una intenzionale sua lettura riduttiva), abbiamo trovato il conforto della decisione di una Sezione del Lavoro di un Tribunale disposto ad interpretare le leggi anche al di là dei pronunciamenti della Corte Costituzionale, non fa parte della nostra cultura giuridica, ma della crisi della giustizia nel nostro Paese. Per questo, come detto da tanti altri, ci saremmo aspettati il rinvio alla Corte Costituzionale, già nel 2011 e ci auguriamo che ci sia adesso.

Da ultimo ci preme sottolineare il fatto che, nel corso dell’incontro che la Consulta ha avuto con la Ministra Kyenge, la Ministra non ha posto la questione in termini “alternativi” al processo politico di revisione dei criteri della cittadinanza, ma semmai ha fatto notare come la questione dell’apertura del servizio civile nazionale sia anche parte del medesimo processo di confronto politico in atto sulla questione della cittadinanza, così come dell’integrazione fra i cittadini dell’Unione Europea.

La Ministra ha parlato conoscendo la legislazione in materia di servizio civile nazionale, conoscendo perciò la specifica natura e complessità del nodo da sciogliere. Non si può certamente fargliene una colpa.

In attesa della necessaria revisione della legge, che sarà chiamata anche ad esprimersi su questa questione, ci restano due possibili iniziative: la prima, invitare l’Amministrazione, che fa parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a preallertare l’Avvocatura dello Stato in modo da poter trasferire la questione alla attenzione della Corte Costituzionale, non appena si verifichino le condizioni di legge per una tale iniziativa.

La seconda, prendere l’iniziativa di una riunione della Consulta che affronti con la vostra audizione, il problema, in modo da individuare, come credo possibile, la più ampia sinergia di iniziative da assumere nei confronti del Governo e delle forze politiche per sollecitare una decisione dirimente sull’apertura del servizio civile nazionale ai giovani stranieri, nati in Europa o nel resto del mondo, interessati al nostro Paese e disposti a servirlo come e insieme ai giovani che qui sono nati.

Giovanni Bastianini
Presidente della Consulta Nazionale del Servizio Civile

 


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