Non profit

Sosteniamo l’impresa sociale

La ricerca del valore sociale è parte della risposta che dobbiamo trovare. Ed è di grande interesse la geografia che si sta progressivamente configurando

di Redazione

Per chi si è formato nel corso del Novecento, nel tempo delle grandi narrazioni che hanno caratterizzato il dibattito pubblico delle democrazie occidentali, impresa e sociale sono stati spesso termini stridenti, contrapposti. In quel mondo ingessato, la sistematizzazione del reale è passata attraverso concetti binari, capitale e lavoro, ambiente e sviluppo. Forse uno dei pochi effetti salutari della “fine della storia”, è stato quello di rompere e superare vecchie partizioni, e far saltare finalmente camere a tenuta stagna, avvicinare mondi, che si sono guardati per anni con sospetto.

Non è casuale che impresa e sociale si siano progressivamente avvicinati nel volgere dell'ultimo quarto di secolo. Se poi, come spesso accade, andiamo a leggere la realtà, i confini tracciati a penna nel mondo delle dottrine e delle ideologie sono stati molto più labili ed indistinti di quanto si creda. Il mondo cooperativo, la cui storia si intreccia con i grandi movimenti popolari del secolo scorso, non è stato, forse, una delle espressioni migliori dell'impresa sociale? In Italia, senza dubbio, le imprese sociali, declinate nella figura giuridica della cooperativa, sono state il cuore di un modello di sviluppo alto, guidato dall'idea che il raggiungimento del benessere economico potesse essere intimamente legato a quello della qualità sociale del lavoro. Condividere il valore è oggi uno dei grandi temi che il sistema produttivo, nella sua complessità, sta affrontando. Non basta più avere i conti in ordine per essere un'impresa virtuosa, sempre di più, si deve essere in grado di produrre e condividere valore sociale.

Non è casuale che tutto ciò si manifesti al culmine di una delle crisi più difficili e durature che il capitalismo abbia affrontato. La ricerca del valore sociale è parte della risposta che dobbiamo trovare. Ed è di grande interesse la geografia che si sta progressivamente configurando. Uno spettro sempre più ampio di esperienze, che cambiano la relazione tra generazione di profitto e condivisione di valore. Imprese orientate alla responsabilità sociale, con una massimizzazione illuminata che guarda alle attese degli stakeholder; Benefit corporation (Bcorp), per le quali la creazione di valore è inscindibile dai propri shareholder e la missione di creare impatti positivi su ambiente e società. La ricerca della massimizzazione del valore sociale, non viene vissuto come un ostacolo alla crescita, bensì come uno strumento per l'innovazione dei propri processi produttivi. Ci sono, poi, imprese “low profit”, con meccanismi di restituzione controllata dei propri dividendi. Imprese “yunusiane” che seguono il principio del social business, in cui l'imprenditore ha diritto alla restituzione del capitale, ma non degli utili, che saranno reinvestiti nell'azienda. A che punto è il nostro Paese in questo processo? Partiamo dall'esistente, da quel ricco tessuto di esperienze, di saperi, di energie civiche che è l'intelaiatura del nostro terzo settore. Ecco, sono certa che un parte, sempre più consistente, di questo mondo sia perfettamente consapevole di essere davanti ad un salto di paradigma.

Si può decidere di essere placidi spettatori, oppure parte attiva di questi cambiamenti, riversando la propria storia nazionale e le proprie competenze in un nuovo movimento globale. Con Uman abbiamo deciso di fare la nostra parte per portare gli strumenti della finanza sociale e della Big (o Good) Society Capital, in Italia.


Il primo passaggio da affrontare è quello dell’inadeguatezza dell'infrastruttura normativa della nostra impresa sociale. Possiamo dire, ed i numeri lo suffragano, che la legge 155 non è stata all'altezza delle aspettative, e vanno sostenute tutte quelle iniziative (come quella di Vita e Make a Change del prossimo 3 ottobre alla Camera dei deputati)  tese ad una sua modifica. Nei prossimi anni, l'Europa, attraverso l'EUSEF(Fondi europei per l’imprenditoria sociale) ha intenzione di sostenere l'impresa sociale. Con l'attuale architettura, le nostre imprese sociali risulteranno poco appetibili per gli investimenti, e questo flusso di denaro si sposterà altrove. Di treni ne abbiamo visti passare molti, sarebbe il caso, questa volta, di non arrivare in ritardo.

Un nuovo statuto giuridico dell'impresa sociale, poi, potrebbe finalmente porre le condizioni per intercettare una parte delle risorse che provengono dai fondi social impact, che stanno sviluppandosi a livello globale. Non si tratta più, dunque, di scelte episodiche. Al contrario, questi sono temi strategici, tanto che il Premier Cameron, in occasione della presidenza inglese del G8, ha deciso di dar vita ad una Taskforce internazionale, di cui Uman Foundation è parte, sugli investimenti sociali – coordinata da Sir Ronald Cohen, il fondatore di Big Society Capital – che domani si riunirà per la prima volta a Washington, dove Obama ha insediato presso la casa bianca un apposito ufficio per l’innovazione sociale.
Certo, sarà anche necessario creare una fiscalità di vantaggio per gli investimenti nelle imprese sociali. Premiando così, coloro che preferiscono sostenere con i loro investimenti servizi fondamentali. C’è da augurarsi che l’Italia dopo aver accumulato ritardi gravi nel sostenere il mercato del venture capital adesso non ne accumuli altrettanti nel mercato del social impact.
Anche i social impact bonds sono un esempio felice di come si possano costruire interventi in cui il pubblico mantiene un ruolo di indirizzo e di controllo delle politiche, ed il privato contribuisce finanziariamente a costruire interventi nel sociale. A questo fine è necessaria un’azione decisa e innovativa anche da parte delle istituzioni locali.

Questi passaggi, che nella sostanza configurano un pezzo di un nuovo welfare, devono essere accompagnati dalla Politica. Il Regno Unito è oggi un modello di riferimento per l'innovazione sociale, proprio perchè il Labour, prima, ed i Tories, poi, decisero di sposare un nuovo approccio alle politiche sociali. Una scelta strategica condivisa che ha consentito la sperimentazione di nuovi strumenti, in cui risorse pubbliche e private contribuiscono all'innovazione sociale.

E l’Italia? In Italia se non vogliamo perdere altri treni preziosi occorre porre al cuore dell’agenda politica, del governo, dei leader del futuro questi temi.
Temi che saranno al centro, l'8 di ottobre, di “Inspiring Change. La finanza sociale e le nuove povertà”, l'incontro annuale di Uman Foundation, che si terrà dalle 15.00 alle 19.30 alla LUISS a cui parteciperanno tra gli altri Sir Ronald Cohen, John Podesta, Enrico Giovannini, Andrea Orlando, Anna Maria Cancellieri, Francesco Starace. Uman Foundation vuole essere uno degli agenti di cambiamento, lavorando assieme a tutti coloro che vogliono accettare la sfida dell'innovazione. Per “ispirare il cambiamento”, dobbiamo essere pronti a mettere alla prova le nostre certezze consolidate, costruendo ponti, aprendo quotidianamente nuovi sentieri. A tutte quelle realtà che pensano il proprio agire come un ingranaggio del cambiamento nell’impresa e nell’azione sociale – siano istituzioni, aziende, banche, ONG, privato sociale – diamo appuntamento l'8 di ottobre a Roma.

da Il Sole24 Ore del 29 settembre 2013

 


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