«Purtroppo dobbiamo riconoscere che
la crisi, al Nord, sta fortemente intaccando il terzo settore. E aggredisce anche la straordinaria propensione al dono dei cittadini. Il terzo settore è gravemente messo a rischio. Ma fortunatamente, nonostante il contraccolpo della crisi, continua a reggere». È la disamina, pessimista ma non catastrofica, del Presidente dell’
Istituto delle donazioni di Milano Edoardo Patriarca. Come ricorda oggi il Corriere della Sera nelle sue pagine milanesi. Parole che arrivano a commento della
ricerca annuale dell’Istituto sull’andamento della raccolta fondi –che verrà presentata il 3 ottobre a Roma alla sede del
Cnel. Ciò che emerge dal dossier (decima rilevazione semestrale) è una realtà di crisi che colpisce perfino la
Lombardia, regione che si è sempre distinta per la generosità.
Eppure la pubblicazione pochi mesi fa del
nono censimento dell’industria e dei servizi –in cui viene indagato anche il sociale- faceva ben sperare. La Lombardia –come risultava dai dati- sfodera un esercito di
30.549 associazioni, con un incremento del
28% rispetto al 2001 e un rapporto tra volontari e cittadini tra i più elevati:
839 ogni 10mila abitanti contro una media italiana di 801. Ma
il problema sono le risorse economiche: è da lì che si misura lo stato generale di salute del settore.
La ricerca dell’Istituto analizza circa 200 organizzazioni non profit della Lombardia divise per aree d’intervento: cooperazione, adozione internazionale, lotta all’emarginazione, salute e ricerca scientifica, filantropia, sport, cultura e ambiente.
Al primo semestre 2013 risulta un peggioramento: solo il 18% delle onp ha incrementato la raccolta fondi, mentre un consistente 35% cola a picco.
La crisi dunque è un dato obiettivo, ma sulle ragioni ciascun addetto ai lavori fornisce un’interpretazione differente.
«Per quanto riguarda il calo del 5 per mille, credo che il trend negativo sia proporzionale ai redditi: a parità di donatori, cala l’importo destinato», è l’opinione di
Angelo Colombo, presidente di
Aspem Ong. Che aggiunge: «Per i donatori privati, è difficile dire se il dato sia dovuto alla crisi o alla disaffezione dei sostenitori. È una valutazione effettuabile su un lasso di tempo più lungo di quello preso in esame».
Chi invece, come
Aibi-Amici dei Bambini, ha dalla sua un incremento del 5% dei fondi, la pensa diversamente.
Antonio Crinò, Direttore generale dell’Associazione, esprime questa opinione: «Esistono molte realtà, come la nostra, che stanno tenendo duro sia perché hanno innovato i sistemi di ricerca dei donatori e sia perché lavorano seriamente per mantenere i rapporti con quelli storici. Guardando il problema generale, credo comunque che il problema sia da ricercare nella latitanza delle istituzioni: una maggiore presenza sarebbe utile. Spesso campagne di fund raising condotte male creano danni enormi all’intero comparto. E l
’abolizione dell’Agenzia del Terzo Settore, decisione del precedente governo, di sicuro non è un passo in questo senso».
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