Popolo di santi, poeti, navigatori. E vacanzieri. La crisi morde, è un dato inconfutabile, però rimane il desiderio di alleggerire la grevità del tran tran quotidiano con una pausa ristoratrice.
L’Osservatorio Turistico Nazionale del CTA – Centro Turistico Acli – ha svolto anche nel 2013, come ogni anno, uno studio riguardante l’andamento della stagione: rispetto al 2012, il numero degli italiani in vacanza è incrementato dello 0,9 %, mentre gli stranieri che hanno scelto l’Italia sono cresciuti del 3%.
Come vuole la tradizione del BelPaese, le mete marittime prevalgono nettamente sulla montagna: il 50 % degli italiani ha scelto le isole maggiori, il 22 % quelle minori.
Coi tempi che corrono, non ci si può permettere il lusso di spostamenti prolungati: concentrati nel periodo di Ferragosto, per 10 notti al massimo.
Alla vacanza dunque non si rinuncia, ma si rinuncia agli extra: il 35 % dei vacanzieri disposto a tagliare le spese per i divertimenti (parchi, discoteche, cinema etc.), il 25 % si accontenta di alloggi a una stella in meno e il 9 % punta su gli agriturismi, più ‘à la page’ rispetto alle classiche strutture alberghiere.
Meno 3% per le mete tropicali ed esotiche. Forse non solo una questione di portafogli, ma più in generale un desiderio di riscoperta delle nostre bellezze paesaggistiche.
I canali tematici propongono fior di documentari sulle nostre città d’arte: l’effetto, positivo, è un aumento dell’1% del turismo culturale. Un trend destinato senz’altro a crescere.
E poi ci sono gli altri, gli oltre 30 milioni di italiani che il viaggio lo hanno visto solo in cartolina: il 55 % di loro è rimasto a casa per motivi economici, il 10 % per motivi familiari, l’ 8 % per motivi di lavoro, il 20 % per motivi di salute, mentre il 9 % ha dichiarato di partire per le vacanze in un altro periodo.
C’è un dato positivo, rispetto agli anni del Boom Economico: chi non partiva con la sua 600 chiudeva le tapparelle di casa, per dare a intendere ai vicini che stava villeggiando in chissà quale località esotica. Ora, invece, si preferisce esibire una dignitosa -e peraltro comune- povertà.
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