Famiglia

I Comuni “risparmiano” sulla pelle dei bambini

Gli enti locali italiani sono ben sotto la media europea quanto a stanziamenti per le politiche di protezione dell'infanzia. Un capitolo del welfare trascurato che però ha conseguenze importanti: secondo la fondazione Zancan, dove meno si spende aumentano i minori tolti alla famiglia

di Gabriella Meroni

Comuni italiani avari sulla protezione sociale dell'infanzia. Nonostante parole e buone intenzioni, da noi la quota di spesa per questa importante voce del welfare è inferiore alla media Ue: nel 2010 era mediamente all'8% nell'Europa a 15 e a 27 paesi, mentre in Italia era pari al 4,6%. In percentuale rispetto al Pil, la spesa per trasferimenti e servizi a bambini e famiglie in Italia era l'1,3% (0,7% trasferimenti e 0,6% servizi), rispetto al 2,3% del Pil (1,5% trasferimenti e 0,8% servizi) medio in Europa. Il dato emerge dal confronto internazionale tra esperti in materia di affido nell'ambito del meeting "Le forme dell'affido in Europa: cosa sappiamo degli esiti e delle condizioni di efficacia?" organizzato dalla Fondazione Emanuela Zancan di Padova con l'associazione internazionale per la valutazione di esito in area infanzia e famiglia (iaOBERfcs), la Fondazione Paideia di Torino e l'International Foster Care Research Network.
Le diversità e le disuguaglianze tra regioni italiane sono però molto grandi. Si va da una spesa minima di circa 3 euro a quasi 18 euro pro capite (media nazionale di circa 12 euro), un dato che ha conseguenze notevoli "sul campo"; ovvero per il benessere dei bambini: al crescere  della spesa per l'infanzia, infatti, il numero di minori fuori famiglia diminuisce, e viceversa. Pertanto, nelle regioni in cui la capacità di spesa è inferiore sembra anche inferiore la capacità di collocare i minori in affidamento. «È un dato che ci dice quanto valgono i diritti nei territori e quanto siano ancora lontane le condizioni per attuare e non solo delineare i livelli essenziali di assistenza per l'infanzia e la famiglia – commenta il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato -.  A livello interregionale si notano diversità di capacità di risposta e di scelta nell'allocazione delle risorse difficilmente giustificabili nella prospettiva dei livelli di assistenza e nei riferimenti etici che dovrebbero caratterizzare l'equità distributiva». «Sono dati», continua Vecchiato, «che ci parlano di una doppia disuguaglianza: di capacità di finanziamento delle risposte e di capacità di attivarle. Entrambe scontano un deficit di infrastruttura professionale nei comuni con minore capacità di spesa. Essere poveri in certe regioni sembra quindi significare meno speranza di accoglienza familiare. Il paradosso è che questo avviene nelle realtà in cui il bisogno sarebbe maggiore, come vorrebbero i livelli di assistenza con diritti garantiti in ogni territorio». 
 


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