Non profit

Anci: Pronti a riformare il servizio civile

Intervista a tutto tondo a Egidio Longoni, ex obiettore e oggi rappresentante dell'Associazione comuni italiani nella Consulta del servizio civile. "Alcuni Comuni disposti a cofinanziare i progetti. Sono per un servizio universale, che sia un viatico per trovare lavoro". Il dibattito è aperto

di Daniele Biella

Egidio Longoni, 41 anni, sposato e padre di due figli piccoli, oltre a essere assessore ad Affari generali, Partecipazione e Politiche giovanili del Comune di Monza, è il rappresentante dell’Anci, Associazione nazionale comuni italiani, in seno alla Consulta nazionale del servizio civile. Nel 1998, come obiettore di coscienza, ha svolto il servizio civile per la Caritas diocesana. Vita.it l’ha incontrato per un serrato confronto su molti temi caldi del Scn, Servizio civile nazionale, oggi incalzato da una forte crisi economica e istituzionale (da anni si aspetta l’approvazione di una riforma generale) che mette a repentaglio la sopravvivenza stessa dell’esperienza. Servizio civile universale, rapporto tra il Scn e il lavoro, ruolo dei Comuni, efficacia della consulta e responsabilità dei politici nella crisi attuale del servizio: gli spunti lanciati da Longoni, primo di una serie di interlocutori del mondo del Scn ma non solo, rappresentano un ottimo apripista per un’ampio confronto a più voci che porti benefici concreti al futuro del servizio civile.

Iniziamo dal Servizio civile universale, ossia aperto a tutti i richiedenti: in Provincia di Trento è nato il primo progetto pubblico. La via è segnata?
Speriamo. Sono d’accordo sul fatto che tutti quelli che chiedano di fare servizio civile siano accontentati. È chiaro che c’è un problema economico, ma è ora di rimboccarsi le maniche per trovare la formula per risolverlo. Non sto parlando di obbligatorietà, perché deve rimanere una scelta individuale che abbia un valore in sé, ma dobbiamo comunque operare per far capire ai giovani quanto sia responsabile tale decisione: più passa il tempo, complice anche la crisi, più diminuisce l’abitudine a spendersi in modo gratuito, o con un rimborso, aumentando l’egoismo della società in cui viviamo. Bisogna agire ora, magari avvicinando di più ragazzi ed enti nel trovare una forma di servizio civile concordata, più flessibile e adatta alle esigenze di entrambi.

Quale connessione ci deve essere oggi tra servizio civile e opportunità di lavoro?
Ci vuole una connessione diretta: farlo è un modo per trovare lavoro. La mia non è una provocazione ma un’attenta analisi dei fatti, da obiettore di coscienza quale sono stato. Faccio l’esempio a me più vicino, quello di prassi virtuosi generate nei Comuni: molti giovani che hanno svolto in servizio presso gli enti locali poi hanno creato associazioni, cooperative che nel tempo hanno garantito gli stessi servizi comunali che seguivano, in convenzione o con diverse modalità di affidamento, aiutando così anche il bilancio amministrativo. Oppure sono stati reimpiegati negli stessi municipi, con contratti atipici, certo, ma in un’ottica condivisa, essendosi generate nuove forme di imprenditoria sociale, di autonomia lavorativa profit oppure no. E’ chiaro che tutti questi percorsi partano dal fatto che il giovane in servizio abbia ben chiaro il concetto di difesa civile, e lo porti con sé. Tra l’altro la stessa pubblica amministrazione ha connaturato tale concetto, e lo fa proprio tramite la sussidiarietà. Per questo ritengo che il servizio civile può essere considerato come un tirocinio, un passaggio formativo ed esperienziale d’alto livello.

Parla per esperienza personale?
Proprio così. Le competenze informali che ho acquisito come obiettore di coscienza le ho poi spese in ambito lavorativo, e anche oggi nel mio ruolo di assessore e di referente per l’Anci la cittadinanza attiva gioca un ruolo primario. Nel mio percorso, ho visto passare migliaia di ragazzi che hanno sviluppato un forte protagonismo partendo dall’obiezione per arrivare all’inserimento nel mondo del lavoro con una forte impronta formativa. Non bisogna nascondere la realtà, la possibilità di arrivare a un lavoro è il segno che l’esperienza di servizio civile centra l’obiettivo e non è avulsa dalla realtà odierna, come invece accade per altre esperienze a cui i giovani partecipano perché non hanno altro da fare.

Parliamo del ruolo dei Comuni. Il cliché dell’obiettore che fa le fotocopie appartiene al passato, giusto?
La serietà del ruolo del giovane in servizio dipende dalla persona che lo prepara. Questo per dire che se un tempo c’era l’obiettore che faceva le fotocopie, non solo negli enti locali ma anche nel terzo settore, oggi non c’è più. La differenza sostanziale è che anni fa i Comuni dovevano trovare cosa fare agli obiettori mandati dallo Stato, oggi invece un ente richiede il giovane in servizio perché ha una forte progettualità che gli interessa portare avanti. È fuori luogo chi pensa che oggi il servizio civile possa servire da stampella del welfare comunale. Anzi: gli enti locali si stanno già attrezzando per trovare alternative, come i progetti di leva civica. Che funzionano, come nel caso di Monza, dove oggi con il mio assessorato seguo 50 giovani impegnati nella cittadinanza attiva: 30 in Scn,Servizio civile nazionale, più 20 tra leva civica e ‘Dote comune’. In tutto, spendiamo 100mila euro all’anno, e rilasciamo a ogni giovane una certificazione delle competenze che risultano adeguate per il mondo del lavoro. In questo senso, riguardo alla difficoltà a reperire fondi nazionali, l’Anci ha pronta una proposta.

Quale proposta?
I comuni sono disposti a cofinanziare i progetti di Scn. Con il presupposto di potere gestire direttamente i progetti, le amministrazioni sono disponibili a un coinvolgimento diverso, su cui riversare risorse economiche dirette.

Ma i Comuni non sono anch’essi alla canna del gas?
È vero, ma ci sono diverse idee che si stanno sviluppando, ad esempio canalizzando i finanziamenti, senza pagare direttamente i volontari ma facendo crescere il sistema generale. A questo punto si potrebbe parlare di parte dei progetti finanziati dai Comuni. Oppure due canali distinti, sempre in un'ottica di Servizio civile nazionale: chi fa progetti confinanziati, chi invece no. Ancora, ci si potrebbe basare sulle necessità specifiche delle Regioni, oppure trovare accordi con le università locali, con il mondo del lavoro per rendere il servizio civile ancora più appetibile. È chiaro che per fare questo è necessaria una flessibilità, ad esempio nell’orario, che oggi manca, essendo ancora troppo legati al concetto di obiezione di coscienza. Il futuro del servizio sta proprio nel coinvolgimento di altri partner istituzionali, per superare questa fase, in cui siamo alle porte di un bando nazionale risicato che rischia di rimanere tale, con numeri insignificanti rispetti a quelli a cui eravamo abituati. I Comuni, le Regioni, ma anche le Fondazioni potrebbero giocare un loro ruolo, finanziando il Scn per inserire i giovani nelle loro aree di intervento, per esempio nell’ambiente, oppure per quanto riguarda la nostra zona, per tutto quanto può essere legato a Expo 2015.

Porterete queste istanze in Consulta?
Sì, anche se in Consulta c’è una sorta di resistenza al cambiamento. Il punto è che negli anni ha sempre rincorso l’emergenza non potendo contare su risorse certe, e quindi non ha mai governato più di tanto le scelte. Dopodiché c’è da dire che per molti degli enti della Consulta il servizio civile è anche la propria professione, quindi capisco l’importanza di conservare certe posizioni, soprattutto riguardo alla necessita di arrivare il prima possibile a una riforma che lo stabilizzi. Ma tale tema non è mai decollato in dieci anni, a causa senza dubbio di responsabilità politiche del ministro di turno. Per essere più chiaro, l’apparato non è malvagio in sé, ma troppo legato a regole che non rispondono al senso del servizio civile, alla sua dinamicità. Ma le regole di oggi  non consentono questo tipo di risposta, quindi ci si dota di altro, come nel nostro caso, la leva civica o ‘Dote comune’. Comunque al neopresidente della Consulta, Giovanni Bastianini, abbiamo già chiesto di interpretare anche le nostre istanze.

I Comuni vogliono ‘contare di più’ in Consulta?
Non è questo il punto. I pesi sono giustamente più vicini al terzo settore che alle istituzioni, ma ciò sposta molte volte l’ago della bilancia verso gli indirizzi che intraprende il servizio civile. Vista la situazione attuale, sui risultati di questi anni si può eccepire, quindi è ora di ritrovare assieme nuove sinergie per rilanciare proposte congiunte, anche con i rappresentanti dei volontari.

Come vede, infine, l’interesse della politica nazionale verso il servizio civile?
L’interesse, salvo qualche eccezione, è davvero basso. Sembra che i problemi attuali dell’Italia siano talmente vasti da giustificare che quest’esperienza rimanga una nicchia per addetti ai lavori. Ma in realtà la situazione attuale svela un’anomalia tutta nostrana: quello che funziona, come il Scn, non viene finanziato, mentre altre iniziative meno concrete trovano una certa continuità. Fino a poco tempo fa, con solo 120 milioni di euro all’anno, pochi per un bilancio statale da miliardi di euro, venivano mobilitate decine di migliaia di giovani. Oggi non più, e questo è un gran peccato.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.