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Boldrini: no ai vip tra i profughi

La presidente della Camera, da portavoce dell'UNHCR, è stata inizialmente coinvolta nell'ideazione del reality sui campi profughi. Ma in quello che ne è uscito, in sostanza, non si riconosce più

di Redazione

«Cara Rai, non è un reality che può aiutare i profughi»: così la presidente della Camera, Laura Boldrini, interviene nelle polemiche su The Mission, il reality dai campi profughi che RaiUno manderà in onda in autunno. Dopo che Giulio Sensi, tra i primi, aveva acceso il dibattito (e qui oggi dice la sua parola definitiva sulla questione), ieri anche Repubblica ha dato conto delle posizioni divergenti sulla questione. Oggi la Boldrini interviene con una lettera a Repubblica, chiamata in causa dal fatto che i partner del reality sono Intersos e UNHCH, ovvero l’organizzazione di cui lei stessa era portavoce fino a quando si è candidata in politica.

Ecco cosa racconta: «L’anno scorso, in qualità di portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), partecipai ai primi contatti con la Rai. Sull’esempio di analoghe trasmissioni prodotte da tv di altri Paesi, si ipotizzò una trasmissione che avesse l’obiettivo di rendere più comprensibile all’opinione pubblica italiana la condizione vera dei rifugiati, troppo spesso e troppo sbrigativamente raffigurati come una minaccia alla nostra sicurezza. In particolare venne da me suggerito un format australiano, molto apprezzato, in cui ad essere coinvolte erano persone comuni, con idee molto diverse tra loro in tema di asilo, e comunque non certo vip. Si pensava dunque ad un’operazione di sensibilizzazione, non ad un reality o qualcosa di analogo, come invece indicherebbero le anticipazioni uscite nell’ultima settimana».

Come è ovvio, dice poi la presidente della Camera, «non ho avuto più né tempo né titolo per occuparmene. Leggo ora degli sviluppi che il progetto avrebbe avuto». Ed ecco la sua posizione: «Non spetta certo a me esprimere un eventuale ‘altolà’, che avrebbe l’aspetto di un’interferenza nell’autonomia editoriale della Rai o – peggio ancora – di una censura preventiva. […] Sono assolutamente certa del fatto che i miei ex colleghi dell’Unhcr abbiano a cuore quanto me la necessità di evitare strumentalizzazioni e spettacolarizzazioni. Al tempo stesso voglio sperare che il servizio pubblico – dai cui vertici sono venuti di recente significative e apprezzabili prese di distanza da un modello di reality-show ormai logoro – non ne faccia una tardiva replica a spese dei rifugiati e della loro dignità».

Proprio ieri Redattore Sociale, in un’intervista a Tullio Camiglieri, autore insieme ad Antonio Azzalini di “The Mission”,  aveva anticipato il coinvolgimento della Boldrini nella definizione del progetto: «il fatto che ci sia l’Unhcr è una garanzia. Abbiamo discusso il format con loro è evidente che saremo in linea con principi deontologici».  Intersos dal canto suo aveva spiegato le ragioni della sua scelta lunedì, con un intervento di Marco Rotelli, il suo segretario generale. «Molti giornalisti ci hanno cercato, sono venuti a trovarci nei programmi in vari paesi, hanno condiviso con noi fatica, passione, pericolo, successi, frustrazioni, competenza e talvolta fallimenti. Purtroppo, raramente tutto questo è potuto esser trasformato in un messaggio, un'informazione destinata a molti. L’umanitario è sempre rimasto nelle ultime pagine dei giornali quotidiani, nei piccoli box a margine dei settimanali o nei programmi della mezzanotte della televisione. […] Ci è stata offerta questa possibilità. L'abbiamo valutata, considerata rischiosa per l'immagine dell'organizzazione, anche perché al di fuori delle nostre modalità comunicative e di linguaggio, ma unica per il potenziale di diffusione che portava con sé. Abbiamo quindi chiarito bene le cose, gli obiettivi, i limiti e le modalità, a garanzia di tutto quello che cerchiamo quotidianamente di salvaguardare, a partire dalla dignità di ogni essere umano. Infine, abbiamo deciso di partecipare. La causa ci è sembrata più importante dei rischi di una simile operazione. […] E’ poco frequente parlare di queste questioni in prima serata e noi non crediamo sia sbagliato proporre di vedere quanto facciamo con strumenti accessibili a tutti come un programma televisivo. Non spendiamo soldi, non distogliamo energie e attenzione alle attività umanitarie, semplicemente cerchiamo di alzare il livello di attenzione alla necessità della tutela dei rifugiati, con cui viviamo e collaboriamo per uscire dalla sofferenza».

Il dibattito continua. Questa mattina in redazione è arrivato anche l’intervento di Antonio Caccini, Presidente di CoLomba: «La notizia ci sorprende e ci preoccupa. Se da una parte accogliamo con favore l’impegno della TV pubblica per far conoscere da vicino agli Italiani la tragica realtà delle crisi umanitarie dimenticate,  dall’altra siamo perplessi per la forma scelta e annunciata. Il reality richiama infatti esempi di spettacolo leggero che rischiano di banalizzare il dramma dei rifugiati e squalificare il complesso e delicato lavoro della cooperazione internazionale». CoLomba, Coordinamento delle ONG della Lombardia, «confida nella serietà e nell’esperienza delle organizzazioni promotrici per garantire il rispetto dei diritti delle persone coinvolte e la correttezza dell’informazione, evitando ogni forma di pietismo umanitario, di spettacolarizzazione della povertà e di fundraising aggressivo».  

 

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