Mondo

La ritirata dei volontari di Londra 2012

A un anno dalla fine delle Olimpiadi che hanno celebrato l’impegno di oltre 70 mila volontari, sono pochissimi quelli che hanno deciso di continuare a fare volontariato

di Ottavia Spaggiari

Nella gara degli applausi non hanno avuto nulla da invidiare ad Usain Bolt. Con le loro t-shirt viola, i volontari di London 2012 sono diventati il simbolo delle scorse Olimpiadi, un esercito rassicurante di figure amichevoli che hanno aiutato milioni di turisti ad orientarsi nell’ evento più caotico che Londra si sia trovata ad ospitare negli ultimi anni.

Sono stati 70 mila i cittadini britannici impegnati ad assicurarsi che tutto filasse liscio durante i Giochi. Molti gli studenti e i pensionati, ma anche decine di migliaia di persone che hanno deciso di prendere ferie per aiutare la Capitale britannica a diventare il palcoscenico migliore possibile per le Olimpiadi. Un impegno, quello dei volontari, che non i è limitato però ai giorni dei Giochi: prima di ottenere l’uniforme viola e il badge che li avrebbe trasformati nelle popolarissime guide di London 2012, i volontari avevano partecipato ad una selezione e ad un corso di formazione e, dopo la fine delle Olimpiadi hanno continuato ad offrire il loro tempo, si calcola che siano 800 mila le ore di volontariato che hanno dedicato alla città dopo la fine delle Olimpiadi.

Elogiati e acclamati tanto quanto gli atleti, alla cerimonia di chiusura dei giochi olimpici, hanno mostrato agli occhi del mondo il meglio della società civile, alimentando le speranze di tutti coloro che vedevano nelle Olimpiadi un’occasione di riscatto per il volontariato britannico. Ma a un anno esatto dai Giochi che cosa rimane di quell’entusiasmo? Secondo la recente statistica del sito d’informazione britannico YouGov, non molto. Mentre il 29% degli adulti interessati ha infatti affermato che le Olimpiadi hanno influenzato positivamente la loro percezione del volontariato, il 51% afferma di non sapere nemmeno dove reperire le informazioni relative alle attività di volontariato a livello locale e solo il 2% degli intervistati ha dichiarato di essersi impegnato maggiormente in attività di volontariato grazie alle Olimpiadi. Cosa ne è stato dunque di quelle decine di migliaia di attivisti? E’ la domanda che si pone questa settimana il quotidiano inglese Independent, dedicando una sezione proprio ai volontari dei London Games.

Dal 27 luglio al 9 settembre saranno 900 le persone che torneranno ad indossare l’uniforme viola per aiutare i turisti della capitale britannica, in qualità di London ambassador, un  cifra di tutto rispetto che però impallidisce al ricordo di quell’esercito di volontari che avevano animato la città appena la scorsa estate.  Terry Ryall, CEO e fondatrice di vInspired, la non-profit che mette in contatto le persone con le attività di volontariato afferma di essersi aspettata un aumento, mai effettivamente verificatosi, del numero di volontari attivi nel Paese dopo la fine delle Olimpiadi. “Le persone che hanno partecipato all’organizzazione dei giochi adesso hanno delle competenze che possono essere impiegati in altri eventi,” spiega Ryall, “le Olimpiadi hanno decisamente lasciato un eredità ma il quadro è piuttosto complesso, ci vorrà del tempo per capire quale sia stato effettivamente l’impatto dei Giochi sulla società civile.”

Di altro avviso è Mary Dejevsky, giornalista dell’Independent e volontaria di London 2012, secondo cui le cose sono invece già decifrabili nell’immediato. “La vera eredità dei Giochi è nelle infrastrutture costruite per l’occasione e nei ricordi di quelli che, in un modo o nell’altro, hanno partecipato,” scrive Dejevsky, “qualcuno dirà che è stata persa un’occasione, nonostante tutti i tentativi fatti dalle associazioni per attirare i volontari che hanno preso parte all’organizzazione delle Olimpiadi,  qualcun altro invece, probabilmente in modo più realistico affermerà che, proprio per l’unicità dell’evento, quell’opportunità non è mai davvero esistita.”


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