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Quando il non-profit è made in China

Con la crescita della classe media, aumenta anche l’attenzione al sociale. Il boom del non-profit cinese, tra la nascita di centinaia di nuove fondazioni e la necessità di ristabilire la credibilità in un settore che in passato è stato oggetto di gravi scandali

di Ottavia Spaggiari

La crisi globale non  ferma la crescita della classe media in Cina. Si  stima che siano 300 milioni le persone a farne parte, un numero superiore all’intera popolazione degli Stati Uniti. E con la crescita del reddito e del livello di istruzione cresce anche la consapevolezza sociale. Secondo Doris Lehrack, International Senior Advisor del China Foundation Center,  sarà proprio la nuova classe media a giocare un ruolo centrale nella società civile cinese . “La crescita della classe media sarà determinante per lo sviluppo della filantropia nel Paese.” Afferma Lehrack. A dimostrarlo è anche il tasso di crescita delle fondazioni, basti pensare che ne sono nate oltre 3 mila negli ultimi quattro anni e continuano ad aumentare in modo direttamente proporzionale alla crescita del reddito pro capite. “Molti giovani ricercatori e accademici che hanno studiato all’estero, tornano, determinati a fare qualcosa di concreto per il proprio paese.” Spiega Lehrack. “L’apertura del Paese ha permesso ai cinesi di capire come la filantropia venga percepita in altre parti del mondo. Allo stesso tempo però, proprio a causa di quell’apertura, sono emerse delle problematiche nuove e delle enormi differenze sociali. Il lavoro delle fondazioni è proprio concentrato sullo sviluppo di progetti in grado di far fronte a questi nuovi problemi e di supplire a ciò che lo stato non è più in grado di garantire.”
E mentre cresce l’interesse delle famiglie più facoltose nei confronti delle fondazioni private, cercando di capire se convenga creare una fondazione operativa o di erogazione, cresce anche la mobilitazione tra i cittadini dal reddito medio. Weibo, la piattaforma di micro-blogging, una sorta di versione cinese di Twitter che conta oltre 250 milioni di utenti ha lanciato da poco Gongyi, un sito che permette alle persone di effettuare donazioni online e seguire quotidianamente gli sviluppi dei progetti che sostengono. Dal 2006 ad oggi nel Paese sono nati diversi incubatori dedicati alla nascita di nuove non-profit, il più famoso di tutti è Enpai, la struttura finanziata dalla Fondazione Ford, che aiuta le organizzazioni a registrarsi, a sviluppare un piano strategico di crescita, a formare il proprio staff e ad ottenere l’attenzione dei media.  
Il terreno del terzo settore made in China sembra insomma così fertile da rappresentare un’occasione irrinunciabile per le grandi fondazioni internazionali e per i venture capitalist, eppure non è tutto ora quel che luccica, come racconta Lehrack. “La Cina è il paese della diffidenza. In passato il settore delle fondazioni non è stato per nulla trasparente. Per anni il monopolio è stato delle fondazioni pubbliche e vi sono stati diversi scandali relativi alla gestione dei fondi. “
La complessità del terzo settore emergente in Cina, è stata analizzata anche dalla Stanford Social Innovation Review, che ha identificato tre linee guida per riuscire a cogliere le opportunità del non-profit cinese. Prima di tutto, secondo la Stanford Social Innovation Review, è fondamentale cercare una partnership con il governo, ciò non dovrebbe significare perdere di vista i proprio obiettivi, ma piuttosto individuare possibili sinergie con le istituzioni più importanti a livello locale, così da arruolare degli alleati importanti per lo sviluppo dei propri progetti. In secondo luogo, la filantropia dovrebbe essere utilizzata anche per fare informazione. Il non-profit dovrebbe anche contribuire alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica relativamente ai temi sociali e ambientali. Infine è fondamentale, secondo la Stanford Review, che le organizzazioni operanti in Cina siano estremamente trasparenti relativamente ai propri obiettivi e si assicurino che i reali beneficiari dei progetti portati avanti, siano i cittadini stessi. Questo è l’unico modo concreto per combattere la diffidenza nei confronti del non-profit, alimentata durante anni di mala gestione delle risorse. “La filantropia ha attraversato un periodo davvero molto difficile. Questo è il motivo per cui ci stiamo concentrando sulla responsabilità e la fiducia, più che sull’impatto.” Spiega Doris Lehrack, riferendosi al lavoro portato avanti dal China Foundation Center, “Perché senza la fiducia non si può misurare l’impatto.”
 


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