Economia

Impresa Sociale, sempre più welfare aziendale e meno pubblico

«I dati raccontano di un mondo vitale, che nonostante la crisi, continua ad investire in innovazione preservando e creando posti di lavoro», ha sottolineato la presidente Laura Bongiovanni

di Francesco Agresti

Più privato, meno pubblico. L’impresa sociale resiste alla crisi e continua creare occupazione. E’ la fotografia che emerge dal 7° Rapporto dell’Osservatorio Isnet sulle imprese sociali presentato questa mattina a Roma. I dati (consultabile nel sito www.impresasociale.net) confermano come le imprese sociali pur risentendo  della crisi economica in atto (aumento progressivo delle imprese sociali in difficoltà), continuino a mantenere buoni livelli occupazionali e ad investire in innovazione. La quota di imprese sociali con un trend positivo è del 24% con un trend costante è del 39,7%: in totale oltre il 64%.  “L’impresa sociale è preziosa e va aiutata con risorse dedicate – ha sottolineato nel suo intervento – il sottosegretario Carlo Dell’Aringa. ”Si devono potenziare le politiche attive del lavoro e guardare in prospettiva: oggi – soprattutto in raffronto con l’Europa – si investe poco nei servizi e molto nel consumo pubblico. E’ paradossale che nei momenti di difficoltà le prime attività ad essere sacrificate siano quelle più utili, come le imprese sociali che offrono buona occupazione e buoni servizi. È necessaria un’inversione di tendenza perché l’investimento nei servizi premia anche sotto l’aspetto economico”

Il dato più significativo è il costante mutamento nelle relazioni con gli Enti Locali (Comuni, Regioni, Province, ecc.): cresce infatti il numero delle organizzazioni che dichiara di non avere rapporti con gli Enti Locali (+2,4%) e quasi il 40% si dichiara insoddisfatto della relazione, attribuendo ciò al ritardo dei pagamenti e ai conseguenti  problemi di liquidità.

Le imprese sociali intensificano la collaborazione con il privato (nel 2008 le imprese sociali che non avevano rapporti con le aziende erano il 40% oggi sono solo il 23%), in linea con lo sviluppo del welfare aziendale. Molto alti gli indici di collaborazione con altre organizzazioni (il 70,7% ha avviato nuovi rapporti nel 2012), stabili i rapporti (64%) con gli Enti Pubblici (AUSSL, CCIAA, ecc.), molto basse invece le relazioni con i media (il 60% dichiara di non averne).

“Occorre intervenire per valorizzare la rete delle imprese sociali che nonostante la crisi generale si caratterizzano per la capacità di innovazione e di tenuta in un panorama difficile – ha detto Edoardo Patriarca, membro dell’intergruppo parlamentare sul Terzo settore. Mi auguro che questo Governo possa trovare il modo di incentivare chi vuole fare impresa sociale. Con il giusto sostegno anche politico potrebbe diventare una dorsale strategica su cui puntare in termini di ripresa”.

Rimane altissima (88,3%) – seppure in lieve flessione rispetto al 2012 – la percentuale di chi investe in innovazione, intesa come sviluppo nuovi prodotti e servizi, identificazione nuove aree geografiche o categorie di clienti, miglioramento organizzativo e ottimizzazione dei processi.

Si conferma la positiva correlazione tra innovazione e performance economica. Le attività innovative sono spesso all’origine di processi di gemmazione di impresa: Il 18,7 ha progettato start up e il 5,7% le ha fondate (+2,4%). Buone prospettive per l’occupazione: 3 imprese sociali su 4 ritengono che il personale rimarrà invariato o sarà in crescita per l’anno in corso.

Temi essenziali sottolineati anche  dai responsabili delle imprese sociali presenti (Coop. Sociale Liberamente di Reggio Emilia; Coop. Ecoliving Impresa Sociale di Forlì; Consorzio Solco di Catania e Coop. Impresa Sociale Ruah di Bergamo) che, illustrando le loro buone prassi hanno fatto alla politica richieste specifiche di sostegno e di presenza: “Sentiamo poco considerato il nostro impegno e le nostre potenzialità di volano occupazionale” hanno dichiarato quasi all’unisono.

“Il dibattito odierno – ha rimarcato Laura Bongiovanni, presidente dell'associazione Isnet e responsabile dell’Osservatorio – è l’inizio di un dialogo con il Governo per mettere al centro questo modello d’impresa ad alta intensità occupazionale”.

“I dati dell’Osservatorio raccontano infatti di un’impresa sociale vitale, che pur risentendo della crisi sistemica al pari delle altre organizzazioni, continua ad investire in innovazione preservando e creando posti di lavoro. Proprio in risposta alla crisi in atto e malgrado il taglio delle risorse, ha mostrato la sua capacità nel rispondere ai bisogni delle comunità locali spesso inevasi dal sistema pubblico e alle richieste provenienti dal privato. Oggi è un sistema da valorizzare, in quanto partner qualificato per il sistema pubblico come per le aziende profit, sempre più attive in programmi di welfare aziendale. L’auspicio è che nei confronti dell’impresa sociale cresca l’attenzione e ottenga la valorizzazione che merita, come è accaduto di recente per le PMI alla cui promozione è stato dedicato un intero capitolo del “Decreto del fare”.

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