Welfare

Nella crisi l’occupazione cresce solo nei servizi di welfare

La ricerca di rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia” promossa in collaborazione con La Sapienza dimostra in numeri il ruolo strategico che il welfare puà giocare se sostenuto

di Francesco Agresti

«La riforma del federalismo fiscale così come è stata fatta è la morte civile delle politiche di welfare che per essere efficaci hanno bisogno di progetti strutturati e non di interventi spot capaci  solo di arginare momentaneamente le emergenze ma senza costruire soluzioni in grado di eliminare alla radice i problemi».

Per il vice ministro alle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, non è solo una questione di risorse ma anche culturale. «La battaglia più dura, oltre alla carenza delle risorse, è quella dei luoghi comuni a cui troppo spesso la politica si accoda venendo meno al ruolo di fare proposte che vadano oltre il contingente, cha sappiano indicare una prospettiva, un’idea di futuro. Se pensassimo meno a trovare il modo per apparire sui media e più al bene del paese diverrebbe più semplice anche realizzare politiche sociali. Il welfare non è la causa, ma una delle possibili soluzioni per uscire dalla crisi».

Un ulteriore conferma viene dai primi dati di una ricerca su investimenti nel welfare e rilancio dell’occupazione (in allegato in versione integrale) presentati questa mattina Roma dalla Rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia – promossa da 40 organizzazioni sociali tra le più rappresentative del nostro Paese che operano nel campo dell’economia sociale, del volontariato e del sindacato – ha presentato nella conferenza stampa di oggi i primi dati di una ricerca

Lo studio, realizzato da un gruppo di ricercatori, coordinati da Andrea Ciarini dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha già individuato alcuni significativi elementi che possono incidere sulle riflessioni di queste settimane in tema di occupazione, e che supportano la convinzione della Rete che il welfare non sia un costo ma un investimento.

In Europa, tra il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi), a fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123mila unità l’incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza è stato pari a 1 milione e 623mila unità (+7,8%).

Ma solo alcuni Paesi europei si sono resi conto che il welfare può essere un volano per la ripresa economica. Fra questi l’Italia non c’è: al contrario essa comprime la spesa sociale, delega massicciamente l’assistenza alle famiglie, mantiene limitati e risibili gli sgravi per l’occupazione domestica e di assistenza, favorendo il lavoro sommerso e senza tutele.

Destinare risorse pubbliche al welfare rappresenta, contrariamente a molti luoghi comuni, un investimento. Alcuni studi recenti confermano che l’uso della spesa pubblica per creare lavoro ha effetti sull’occupazione molto più alti e in tempi più rapidi rispetto ad altri tipi di misure: fino a 10 volte superiori rispetto al taglio delle tasse, da 2 a 4 rispetto all’aumento di spesa negli ammortizzatori sociali o alla riduzione dei contributi sul lavoro per le imprese.

Purtroppo gli interventi per favorire l’occupazione non sembrano andare in questa direzione. Si preferiscono misure che continuano a puntare sostanzialmente sul miglioramento delle condizioni di occupabilità e adattabilità dei lavoratori. Al contrario nulla è rimesso alla creazione diretta di occupazione attraverso un innalzamento degli investimenti finanziari nelle politiche sociali, come leva strategica per la creazione di nuovo lavoro.

La Rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia” avanza invece una proposta diversa, e complementare per il rilancio dell’occupazione, dell’economia e per il sostegno alle famiglie italiane, proponendo al Governo l’adozione di alcune misure strategiche: finanziare adeguatamente i Fondi per il sociale (azzerati per il 2014) anche al fine di estendere e qualificare la rete dei servizi sui territori; dotarsi di un Piano nazionale per la non autosufficienza e di un Piano di contrasto alla povertà; aumentare la solvibilità (cioè la capacità di pagare) delle famiglie italiane per l’assunzione di assistenti familiari, ma in un quadro di maggiori e migliori servizi pubblici di assistenza alle persone; favorire l’emersione del lavoro nero aumentando significativamente gli incentivi fiscali e contributivi; favorire la qualificazione e la tutela dei lavoratori; investire per il raggiungimento degli obiettivi europei di presa in carico della prima infanzia, in particolare quelli relativi agli asili nido;  raccogliere l’opportunità offerta dalla decisione della Commissione UE che ha concesso all’Italia una maggiore flessibilità di bilancio nel 2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita.


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