Mondo
Siria, boom di volontari per la Mezzaluna rossa
Intervista a Tommaso Della Longa, portavoce della Croce rossa italiana, di ritorno da Damasco e dintorni: "superata quota 10mila, e molti giovani vogliono dare una mano, nonostante già 20 persone siano state uccise da cecchini durante il loro intervento umanitario"
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2023/07/f856be08-e26e-42ba-97fc-b1cf5bccc5af_large.jpg.jpeg)
“La Mezzaluna rossa recluta ogni giorno nuovi volontari, tutti giovani”. Tommaso Della Longa, 33 anni, portavoce del presidente nazionale della Croce rosse italiana, è appena tornato da Damasco, dove ha toccato con mano gli orrori della guerra civile in atto da due anni e la forza d'animo di chi non cede allo sconforto e alla catena della violenza. Il fatto che più lo sorprende è proprio l’aumento esponenziale delle richiesti di adesione giovanile all’organizzazione umanitaria: “i numeri erano già in crescita prima dello scoppio del conflitto, ma in questi 24 mesi è stato fatto un gran salto in avanti”.
Quanti sono oggi i volontari della Mezzaluna rossa in Siria?
Stiamo parlando di almeno 10mila persone, quasi tutte di età compresa tra i 20 e i 32 anni. In questi anni di guerra, molti si presentano per chiedere di poter dare una mano. Questo nonostante siamo di fronte a uno dei peggiori conflitti armati nella storia dell’intercento umanitario del sistema internazionale che comprende Croce e mezzaluna rossa, oggi presente in 186 paesi del mondo. Il dato più sconvolgente è che finora sono morti ben 20 volontari mentre erano in azione, spesso uccisi da cecchini, in alcuni casi delle forze governative, in altre dei ribelli. Per noi è un numero immenso, perché erano persone assolutamente distinguibili e neutrali rispetto alle parti in conflitto.
Le ambulanze riescono comunque a lavorare?
Con molte difficoltà, perché in questo caso più che mai la violazione del diritto umanitario è un dato di fatto, e il volontario non viene rispettato in quanto tale. La situazione è ancora più assurda perché i volontari in Siria più che mai, sono gente della stessa comunità, ben integrati e rispettati. Vengono considerati dalla gente ‘amici di tutti’, ma poi finiscono vittime. Fa ancora più effetto vedere l’aumento di richieste dei giovani perché è il segno che non si vuole abbassare la testa alla violenza.
Ci sono zone più a rischio di altre?
Il rischio è continuo e in quasi tutto il paese. Il problema è che gli stessi convogli umanitari fanno difficoltà anche a fare pochi chilometri: dove non ci sono i blocchi dell’esercito, ci sono quelli dei ribelli, che non sono una forza unica ma sono divisi in decine di gruppi diversi che a volte non dialogano tra loro, non passandosi così le informazioni.
Qual è il significato del viaggio della Croce rossa italiana in Siria?
Portare solidarietà con la presenza fisica, in questo momento la società civile e chi lavora nell’umanitario ha bisogno di questo. Si tratta della seconda volta in un mese che vi andiamo, anche perché stiamo valutando come essere ancora più utili: ora dedicheremo i nostri sforzi a portare sostegno alle decine di migliaia di persone che vivono da sfollati interni, in luoghi dove non c’è niente, né a livello alimentari né di servizi. Per questo chiederemo anche aiuto, tramite donazioni, ai nostri sostenitori in Italia.