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Charity Commission: la caduta di un mito?

L'Agenzia che da 25 anni svolge un ruolo di regolamentazione e controllo sul terzo settore non solo concede lo status di charity a una finta associazione che fa sparire milioni, ma non si accorge di nulla anche dopo averla indagata. E ora il Parlamento vuole vederci chiaro

di Gabriella Meroni

Inefficace, anzi inadeguata. Che c'è di più terribile di questa etichetta per un organismo di controllo dell'etica altrui? Probabilmente nulla. Ma sono proprio queste le accuse che ha dovuto affrontare, per la prima volta nella sua storia, la Charity Commission inglese, da tutti finora considerata un modello vincente di autorità terza e indipenente preposta al controllo della trasparenza, efficienza ed efficacia (oltre che onestà, ovviamente) del terzo settore.

Basta, finito tutto. O per lo meno, tutto è messo in discussione dopo che la relazione al Parlamento inglese da parte del Public Accounts Committee (Pac) – una Commissione parlamentare che indaga sull'utilizzo dei finanziamenti pubblici – ha messo nero su bianco che la Charity Commission "non è adeguata agli scopi che si prefigge" visto che non  ha saputo identificare e mettere sotto accusa una charity disonesta.

Il caso di cui parla il Pac è piuttosto grave: il Cup Trust, apparentemente un ente benefico cui la stessa CC aveva riconosciuto lo status di charity nel 2009 dopo averla sottoposta ai controlli e alle verifiche previsti in questi casi, era in realtà un'organizzazione disonesta il cui unico scopo era evadere il fisco: pur avendo incassato ben 176 milioni di sterline, ne aveva devoluti solo 55mila per cause benefiche, facendo poi sparire il resto grazie ai propri amministratori che avevano non a caso trasferito la sede dell'associazione alle Isole Vergini.

Insomma uno scivolone clamoroso che però è sfuggito all'occhio un tempo vigile della Charity Commission, e in modo piuttosto goffo: l'agenzia aveva infatti aperto un'indagine sul comportamento del Cup Trust nel 2010, salvo poi lasciarla languire in un cassetto.

"Si tratta di un episodio gravissimo che mina alla base la reputazione della Charity Commission", ha dichiarato la presidente del Public Accounts Committee, Margaret Hodge, che ha poi spiegato che la CC effettua pochi controlli, irroga pochissime sanzioni e raramente rimuove amministratori di charity. "Il caso Cup Trust è clamoroso", ha proseguito Hodge, "perché poteva essere facilmente scoperto grazie a controlli più rigorosi ex ante ed ex post. Temo che siamo davanti soltanto alla punta dell'iceberg".

Nella foto: il presidente della Charity Commission William Shawcross mostra l'onorificenza da Comandante dell'Ordine vittoriano ricevuto per aver scritto la biografia ufficiale della defunta Regina Madre

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