Mondo

Cispi, il nostro no alla guerra

Il coordinamento di 34 ong italiane spiega il suo no all'azione militare anglo-americana

di Redazione

Tante vittime innocenti, ed una risposta alla violenza affidata ai missili ed alle bombe intelligenti, non possono identificarsi come una operazione di polizia internazionale o essere liquidate semplicisticamente come la giusta risposta ai terroristi che hanno commesso e commissionato gli eventi di New York. La storia, i fatti sono più complessi. Sarebbe uno sbaglio di prospettiva pensare che il mondo possa essere diviso da una parte i buoni e dall?altra i cattivi, come nei film di Cow Boy, come nella conquista della nuova frontiera. Ma la storia è più complessa e non taglia a fette le responsabilità. Certo è terrificante quello che è successo e va condannato senza alcuna riserva. Eppure bisognerà che prima o dopo qualcuno si interroghi ?senza essre accsato di essere antiamercano o nemico degli USA – sul perché delle persone sono disposte a morire, a fare i Kamikaze, ed accettare l?isolamento da parte della comunità internazionale. Occorrerà pur che ci domandiamo da dove questo terrorismo prende forza. Non può essere infatti né l?invenzione di un signore ricco e potente, né soltanto il frutto di un odio antiamericano che nasce dall?invidia nei confronti del più forte potere del mondo. Innanzitutto va fatta una considerazione: la violenza non è nata l?11 settembre scorso a New York. Di violenza sia strutturale che attuale si continua a morire. Muoiono di violenza strutturale i morti per la fame e le malattie, per il debito, per l?economia fatta a uso e consumo dei ricchi. E? violenza l?impossibilità di accedere all?acqua potabile, ai farmaci essenziali, ai minimi mezzi necessari per vivere, ma nessuno finora si è fatto carico di eliminare queste violenze. Ma tutto ciò ci è noto da tempo ed è strano che solo ieri il Direttore della Banca Mondiale James Wolfensohn arrivi alle stesse conclusioni che ONG come il CIPSI, ed altri autorevoli fonti, da anni denunciano. Ventisette anni fa Paolo VI nell?enciclica ?Populorum Progressio? lanciava un monito all?umanità: ?Ostinandosi nella loro avarizia (i popoli dell?opulenza) provocheranno il giudizio di Dio e la collera dei poveri?. E? stato detto che questa è una guerra della civiltà contro la barbarie una operazione di polizia internazionale contro il terrorismo, però si sta rispondendo con una vera e proprio guerra con l?uso della forza e della violenza militare in nome della civiltà e del diritto internazionale. Colpo su colpo, associando bombe e missili alla distribuzione di generi alimentari ad una popolazione che non è quella dei campi profughi. Questa impegno ?compassionevole?, che rappresenta il modello di cooperazione e di solidarietà internazionale con cui gli Americani sono diposti ad impegnarsi nella lotta alla povertà è anacronistico, non porta alla prevenzione da nuove violenze e non promuove nessun sviluppo e cambiamento di mentalità. Gli Amricani e la Comunità internazionale avrebbero dovuto impegnarsi prima per migliorare le condizioni di vita della popolazione afgana. I poveri non si possono utilizzare per fine di geopolitica internazionale. I poveri vanno aiutati ed i loro diritti garantiti, in quanto appartenenti al genere, cioè in quanto Uomini e non dopo che la è scoppiata la loro collera. E? dovere delle organizzazioni della società civile dissentire e interrogare i rispettivi Governi e Parlamenti nazionali sulle conseguenze connesse ad una guerra da parte dell?Occidente e sugli impegni concreti di lotta contro la povertà. Ma pare troppo chiedere questo a chi governa il mondo. Tutto per salvaguardare non la civiltà, ma un benessere fasullo che si regge sullo sfruttamento e sull?esclusione. E guai a chi dissente, a chi pone domande, a chi manifesta dei dubbi. Il CIPSI è impegnato non soltanto nei confronti del mondo politico per ottenere delle risposte, ma dopo i generici impegni assunti dai Grandi al G-8, rilancia una campagna triennale di Lotta alla Povertà che vedrà la sua presentazione venerdì 12 ottobre a Milano con Loris Capirossi come testimonials, e il patrocinio della Gazzetta dello Sport: una Lotteria della Solidarietà finalizzata a finanziare concretamente 28 progetti di sviluppo in 20 paesi impoveriti di Africa, Asia e America latina.


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