Affittare il divano a un turista e condividere un passaggio in macchina con altre persone: tra i grandi vantaggi dell’
economia collaborativa vi è sicuramente il
risparmio, eppure non è l’attenzione al portafoglio quello che spinge le persone a condividere oggetti, case e cibo con gli sconosciuti. Nonostante si stimi che il valore della
sharing economy si aggiri intorno ai
26 miliardi di dollari, la maggior parte delle persone aderiscono a servizi collaborativi per
questioni etiche. Ad affermarlo un
sondaggio condotto negli Stati Uniti , su un campione di 2000 persone, intervistate da
Airbnb, il sito che permette a chiunque di affittare a turisti e viaggiatori la propria abitazione.
La maggior parte delle persone (il 36%) decide di condividere le proprie cose per aiutare il prossimo. Il vantaggio economico rimane al secondo posto: il 31% degli intervistati ha infatti affermato di avere sposato la filosofia collaborativa per arrotondare il bilancio domestico. Il fatto che la condivisione permetta l’adozione di un comportamento più sostenibile è ciò che ha spinto il 24% degli intervistati a diventare uno “sharer”, un “condivisore”.
Tra i più assidui frequentatori dei servizi collaborativi, le famiglie con bambini e le persone sotto i 35 anni, con un grado di istruzione elevato. Gli uomini (21%) condividono più delle donne (14%).
Solo negli Stati Uniti, per il 2013 è prevista una crescita delle attività collaborative del 25%, a farla da padrone i siti web che permettono di condividere la propria casa, come Airbnb, la macchina, come Getaround, il tempo e le competenze, come Task Rabbit, la piattaforma che offre vere e proprie possibilità di micro-impiego, svolgendo commissioni per conto terzi. La collaborazione rimane percepita come un fattore molto favorevole per l'economia domestica: il 56% delle persone intervistate riconoscono nella condivisione, un’ottima possibilità di risparmio mentre il 46% lo considera un metodo concreto di guadagno extra.
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