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Regione Lombardia lavora alla legge no slot

Oggi sono iniziati i lavori per l'emanazione di una legge che contrasti la proliferazione incontrollata delle slot machine sul territorio lombardo. «I tempi saranno brevi, due o tre mesi al massimo» garantisce l'entourage di Maroni. Marco Dotti, intervistato da Vita.it, fa il punto della situazione

di Lorenzo Alvaro

Eppur si muove. Dopo mesi di silenzio e lavoro sotterraneo sembra che la battaglia sul gioco d'azzardo stia arrivando sui tavoli politici. Dopo le leggi regionali liguri, la mobilitazione dei comuni e le raccolte firme, oggi, il presidente della Commissione Attività produttive e Occupazione, Angelo Ciocca (Lega Nord), ha dato ufficialmente il via ai lavori  con un'audizione che comincia il percorso – breve, come promette l'entourage di Maroni – per il varo di leggi no slot. Tra gli ospiti dell'audizione, oltre  al presidente di Anci Lombardia, Attilio Fontana, il presidente regionale di Legautonomie, Eugenio Comincini, il direttore del magazine Vita, Riccardo Bonacina, lo psicologo Simone Feder, Francesco De Donato, direttore dell'ufficio regionale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Massimo Bongiovanni per le associazioni di consumatori c'era anche Marco Dotti, scrittore e giornalista, esperto di azzardo e anima della prima ora del movimento no slot. Abbiamo chiesto a lui, che sarà anche in prima fila questo sabato (18 maggio) alla manifestazione delle associazioni che a Pavia sfileranno contro le macchinette mangia soldi, di spiegarci su cosa sta lavorando il Pirellone.

Oggi c'è stata l'audizione in Regione Lombardia sul tema dei giochi legalizzati, le celebri slot machine. Come è andata?
Ci siamo trovati tutti d'accordo su un punto: qualcosa va fatto e va fatto in fretta. Questo minimo comune denominatore pratico, a mio avviso, può portare a qualcosa di buono. È finito il tempo delle bandierine da mettere su un campo per delimitarne i confini. L'urgenza e la gravità della questione chiamano tutti alle proprie responsabilità. Mi è parso che la Regione non intenda indietreggiare su queste responsabilità. È un buon punto di partenza.

E nel concreto cosa verrà fatto?
Ci siamo trovati a ragionare sul “che cosa” e sul “come”, dando per scontato che il problema non può essere confinato unicamente sul piano sanitario. Il fatto che l'audizione si sia svolta nella Commissione Attività produttive ha rappresentato, da questo punto di vista, un presupposto importante. Il problema – lo diciamo da tempo – ha ricadute sanitarie, ma in quanto conseguenza delle ricadute sociali, economiche, lavorative, relazionali e antropologiche. Serve una legge regionale che non lasci soli sindaci e comunità locali e non consegni alla frustrazione i tantissimi tentativi che, dal basso, stanno cercando di segnalare e/o arginare il problema.

Il modello è quello delle leggi varate dalla Regione Liguria nel 2012?
È sicuramente un buon modello, come confermato anche dal Tar. Un modello già operativo, testato. Migliorabile come tutto e tutti, ma proprio nella logica del “fare” cui accennavo prima dobbiamo guardare all'esperienza di altre amministrazioni regionali per capire le strade da intraprendere e quelle da abbandonare. Ma il piano regionale e del confronto con le comunità resta fondamentale. Si può agire, intendo, anche in assenza di una legge nazionale. Se questa verrà, tanto meglio. Ma non possiamo aspettare. La Liguria si è mossa, la Lombardia lo sta facendo. Emilia Romagna e Toscana anche. Ma che si muova la Lombardia è un dato ancora più importante. Fuori da ogni retorica, ricordiamo che la Lombardia ha quasi dieci milioni di abitanti (uno in più dell'Austria). Questo fatto anche simbolicamente ha la sua rilevanza

È dunque quello Regionale è il piano su cui si gioca la partita oggi…
È uno dei piani, ma strategicamente è forse il più importante. La posta, d'altronde, è alta: si pensi che la Lombardia è la regione italiana con la maggiore spesa assoluta per il gioco: nel 2011 dentro i suoi confini sono stati raccolti 14miliardi di euro. Bisogna essere all'altezza della sfida e porre un argine concreto.

Per stare sul piano della concretezza, oltre alla competenza dei sindaci e al controllo degli esercizi commerciali, su che cosa una futura legge regionale si deve concentrare?
Poche cose, ma chiare. Non solo in termini di contrasto (contrasto alla pubblicità in luoghi sensibili, ad esempio), ma soprattutto di valorizzazione. Valorizzare, attraverso sanzioni positive e incentivi, locali, esercizi commerciali e via discorrendo che intendano non abdicare a una delle loro principali funzioni (oltre o accanto al commercio): la relazione. Dobbiamo considerare, infatti, che la sola presenza di una slot machine in un circolo, in un bar o in una tabaccheria altera la funzione di quel luogo. Luogo che è sì uno spazio di commercio, ma anche uno spazio di relazione, di incontro. Ecco, io credo che una legge regionale non possa non partire da una considerazione pratica e elementare come questa: se molti commercianti scelgono o si trovano costretti dalla crisi a installare slot machine o a convertire le proprie attività, allora bisogna intervenire lì, aiutarli, sostenerli. Intendo questo non come l'ennesimo intervento assistenzialista, tutt'altro. Lo intendo come un processo di valorizzazione, una sorta di riattivazione di una filiera che il meccanismo perverso del gioco d'azzardo ha spezzato.

In tanti trovano ironico che nei luoghi pubblici possano esserci le slot machine ma non si possa giocare a carte. È un fatto casuale o c'è un motivo?
Esiste una “Tabella dei giochi proibiti” che, in base all'articolo 110 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza gli esercenti sono obbligati a esporre nei loro locali. Beh, se guardiamo l'elenco – continuamente aggiornato dalla Questura – possiamo tranquillamente affermare che vietati sono giochi come lo “sbarazzino”, il “turchinetto” o il “biribizzo”. Siamo seri: qualcuno di noi ha mai giocato a uno di questi giochi? Oppure a “pidocchietto” o a “lanzichenecco”? Siamo alla farsa… Alla farsa perché lo stesso Testo Unico vieta – ripeto: vieta – l'installazione e l'uso di apparecchi o congegni automatichi per il gioco d'azzardo. Ma come sempre accade c'è un cavillo introdotto qualche anno fa dal legislatore nazionale. Mentre si vietano il “turchinetto” o la “flussata”, e apparentemente anche le macchinette attraverso le quali praticare l'azzardo, si autorizzano, considerandole idonee, le slot machine. È una contraddizione chiara e evidente, ma l'Italia vive di queste contraddizioni: il Testo Unico di Pubblica Sicurezza che alla riga precedente considera illecito un apparecchio che definisce «per il gioco d'azzardo», alla riga successiva autorizza quello stesso apparecchio- le slot machine – semplicemente qualificandolo  «idoneo gioco lecito». Al legislatore nazionale basterebbe sopprimere questa contraddizione per eliminare in due secondi il problema. Ma siccome anche le collinette paiono insormontabili a certi pachidermi, beh, meglio muoversi dal basso.

Sabato 18 maggio a Pavia ci sarà una manifestazione no slot cui parteciperà. Perchè è importante esserci?
Pavia viene sempre additata come un “buco nero” – il luogo dove il consumo di Pil pro capite sperperato nel “gioco lecito” è alle stelle. Il che corrisponde al vero, Ma che proprio lì sia nato il Movimento No Slot e proprio lì si sia creata, nel giro di pochi mesi, una presa di coscienza tanto forte e condivisa del problema credo sia non solo indicativo, ma faccia ben sperare. «È sempre nel pericolo – scriveva Richard Sennett- che si formano impensate reti di solidarietà. È per allargare queste reti che è importante esserci. Le comunità esistono se sono forze vive, se sanno pronunciare i propri “no”, ma se sanno dire anche i propri “sì”».

In copertina un'immagine della manifestazione no slot del 10 maggio scorso, sempre a Pavia, che coinvolgeva le scuole

 


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