Volontariato

Volontari ai musei, la replica del Ministero

Anna Maria Buzzi è la responsabile della direzione valorizzazione del ministero Beni culturali: «Il fine non era tanto quello di allargare la platea dei luoghi o l’arco degli orari, ma convocare un soggetto importante, il volontariato culturale, con cui stiamo lavorando bene e in modo molto costruttivo»

di Giusepppe Frangi

Anna Maria Buzzi è la responsabile della direzione valorizzazione del Ministero Beni culturali. Da tempo si batte per costruire un rapporto costruttivo con tutte le maggiori associazioni che si occupano di Beni culturali per arrivare a costruire un coordinamento che assegni loro un ruolo più protagonistico. È all’interno di questa prospettiva che è nata l’idea di aprire la gironata dei musei al contributo dei volontari. «È la prima volta che si prendeva un’iniziativa del genere», spiega Anna Maria Buzzi a Vita.it. «E lo spirito è quello di coinvolgere le associazioni non per tappare i buchi che si potrebbero aprire (le adesioni del personale di custodia è infatti volontaria), ma dare loro una ribalta che si meritano, visto l’impegno che mettono in campo. Il fine non era tanto quello di allargare la platea dei luoghi o l’arco degli orari, ma convocare un soggetto importante, il volontariato culturale, con cui stiamo lavorando bene e in modo molto costruttivo. Sono associazioni che si impegnano silenziosamente, lontane da ogni amplificazione mediatica».

Sorpresa quindi da questa reazione fiume via Facebook? «Sì. Avevamo messo in conto qualche rischio di reazione da parte sindacale, invece ci troviamo di fronte a una reazione non prevista. Dobbiamo imparare da questa esperienza».
In che senso? «Ad esempio c’è il dato di fatto della spaccatura generazionale. I volontari della cultura sono quasi sempre persone di una certa età, mentre la reazione alla proposta del 18 maggio è tutta di giovani. Questo deve essere un monito per tutti, e anche per le associazioni che devono capire come prendere sul serio questa sfida del volontariato giovane».

Ma i giovani cercano lavoro… «Infatti quel che successo va spiegato con la situazione globale che il nostro Paese vive. Con una disoccupazione giovanile che è oltre il 30% è chiaro che la pressione dei ragazzi è fortissima. Tanto più che spesso hanno studiato e sono pronti ad un impegno consapevole sul fronte dei beni culturali: non è solo ricerca di un posto di lavoro. Mi chiedo se segnali come questi non debbano far pensare anche ad un volontariato che sia concepito come passaggio formativo per un lavoro e quindi ad un volontariato di prospettiva per un giovane. Il vero rischio è pensare che questo tipo di lavoro venga garantito solo dallo stato. Non può essere più così. La cultura può essere anche impresa, e quindi i privati devono avere più spazio».
 


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