Welfare

Welfare aziendale, il guadagno è il doppio della spesa

Per 150 euro di costi, l'azienda che ha un pacchetto di welfare, ha un beneficio netto di 300 euro a dipendente. Per la prima volta una ricerca fa i conti sul vantaggio competitivo portato dal secondo welfare

di Sara De Carli

Il welfare aziendale non è filantropia, ma una leva strategica di vantaggio competitivo. Insomma, attraverso il welfare aziendale non solo i lavoratori sono più felici, ma le aziende ci guadagnano. Da ieri non si tratta più solo di un’impressione ma di un’evidenza provata, scritta nero su bianco in una ricerca firmata McKinsey per ValoreD. L’impresa che realizza un piano di welfare aziendale personalizzato fa in realtà un investimento che consente di realizzare il massimo valore rispetto allo sforzo sostenuto: per 150 euro a dipendente spesi, l’azienda avrà un beneficio netto di 300 euro, cioè due volte i costi sostenuti. Solo una parte del beneficio viene da risparmio di costi (70 euro), il resto (380 euro) corrisponde a un aumento della produttività. Senza contare, sottolinea il rapporto, che introdurre un piano di welfare aziendale non necessariamente comporta per l’azienda di spendere più di quanto già fa, ma piuttosto di spendere meglio: il guadagno potrebbe quindi anche essere ancora maggiore.
Poter contare su un welfare aziendale fa aumentare l’engagment index dei lavoratori, che aumenta del 30% nelle aziende che non avevano alcun welfare  e del 15% in quelle che lo migliorano in base ai bisogni dei dipendenti. In soldoni, significa che la gente lavora spontaneamente più di quel che è richiesto (anche mezz’ora al giorno), desidera continuare a lavorare per la sua azienda, ne è addirittura orgoglioso. Si riducono i tempi di assenza per maternità (anche di 1,6 mesi, con un risparmio di 1.200 euro a dipendente) e per la cura di genitori anziani (una riduzione del 15%, pari a minori costi di 1.350 euro all’anno a dipendente). D’altra parte per i dipendenti il bisogno di welfare è tanto sentito che il valore dell’offerta di welfare tramite l’azienda è percepita  come avente un valore superiore del 70% al costo reale sostenuto dall’azienda: l’azienda spende 100, ma il valore percepito dal dipendente è di 170. Naturalmente questo margine cresce quanto più l’offerta di welfare corrisponde ai bisogni reali dei dipendenti.
La ricerca sfata infatti anche alcuni luoghi comuni, tipo ritenere che il bisogno di welfare sia avvertito prevalentemente dalle donne e che si concentri sui servizi per bambini (nidi, campus estivi): al contrario, è un bisogno sentito da tutta la popolazione aziendale, con bisogni diversi a seconda delle fasce d’età. Al primo posto, tuttavia, il bisogno più sentito è la cura degli anziani, seguiti dalla necessità di orari flessibili. Solo a questo punto arrivano i congedi parentali, gli asili nido (esterni o aziendali), i campus estivi e i servizi time saver, come il disbrigo di pratiche burocratiche, il pagamento delle bollette, portare gli abiti in tintoria o trovarsi i panni stirati.
 


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