Cultura
La Piave, “il mio atto d’amore per il fiume minacciato”
La nostra Elisa Cozzarini racconta com'è nata l'avventura che l'ha fatta diventare regista di un documentario su uno corsi d'acqua simbolo del nostro paese
Tutto è cominciato un anno fa, con la telefonata di Fausto Pozzobon, un sabato mattina presto. In dieci minuti è riuscito a contagiarmi con il suo amore per il Piave. «Devi venire a trovarci, il fiume sta sparendo», lanciava l'allarme Fausto, vulcanico presidente del circolo Legambiente di Maserada sul Piave, in provincia di Treviso. Ho ascoltato il suo SOS dal cuore e sono andata a vedere cosa stava succedendo.
Così è nato il documentario "La Piave. Racconto di un fiume", la mia prima avventura audiovisiva. Mi hanno accompagnato Davide Pettarini, che ha realizzato le riprese, e mia sorella Valeria, per montaggio, animazioni, grafiche e tanto altro. Ci ha creduto un produttore indipendente friulano, Christian Canderan, con la sua Sunfilms. Tra luglio e novembre 2012, nei fine settimana, abbiamo realizzato undici giornate intere di riprese e interviste, lungo i 220 chilometri dalla sorgente sul monte Peralba all'Adriatico.
All'inizio l'idea era dimostrare che il Piave rappresenta il caso emblematico dello sfruttamento selvaggio dei fiumi in Italia, di quanto siamo lontani dall'obiettivo del buono stato per gli ecosistemi fluviali, stabilito dalla Direttiva europea 60. Il 90% delle acque del bacino del Piave non scorre più liberamente, è intubato, incanalato.
Mentre ci muovevamo per le riprese, però, quello che mi colpiva erano le persone. Ho voluto fare un film perché non avrei trovato le parole per descrivere l'incontro con Felice Gazzelli, l'ultimo pescatore di fiume di professione, tra Piave e Livenza. O la passione di Lucia Ruffato, un'infermiera impegnata con il Comitato Acqua Bene Comune nella difesa degli ultimi torrenti alpini ancora liberi dalle derivazioni idroelettriche nelle montagne bellunesi. Ho scoperto in queste persone un legame ancora forte, viscerale, con il fiume.
Un tempo il Piave era l'autostrada d'acqua che collegava le Dolomiti con la Serenissima. Fino alla Grande Guerra se ne parlava al femminile, una madre feconda e generosa, poi è diventato maschile. Il titolo del film richiama quel modo di guardare al Piave, la Piave. Non è un volgersi nostalgico al passato perduto, l'intenzione è ritrovare ora quel rapporto simbiotico con il fiume.
Senza il filtro di una voce narrante, sono le parole, i volti, le mani degli intervistati ad accompagnare lo spettatore in un viaggio emozionale alla scoperta della Piave oggi, delle radici culturali che porta con sé. A breve si celebrerà anche il centenario della Grande Guerra, quando il Piave mormorò. E nel 2013 sono i cinquant'anni del Vajont, la ferita più grande, incisa sul monte Toc.
Al momento il film è distribuito in dvd con i quotidiani locali del gruppo L'espresso nelle province di Belluno, Treviso e Venezia. Per maggiori informazioni, è attiva la pagina Facebook La Piave e chi fosse interessato a una proiezione, può scrivere a: sunfilms@sunfilms.net.
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