Welfare

Al via i controlli dei co.co.pro. nel settore non profit

Il tributarista e consulente del lavoro Massimiliano Casto scrive a Vita.it: «Gli ispettori del ministero del Lavoro presto in azione, non fatevi trovare impreparati»

di Redazione

A seguito delle recenti novità legislative in materia di riforma del mercato del lavoro, con la circolare n.7 del 2013, il Ministero del Lavoro ha voluto mettere ordine nel complicato campo dei rapporti di collaborazione a progetto nelle organizzazioni non governative (Ong), nelle Onlus e nelle organizzazioni socio-assistenziali.
Il contratto di collaborazione a progetto – comunemente  chiamato Co.co.pro. – è uno dei contratti atipici più diffusi e sostituisce il vecchio rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (Cococo) che trova ancora applicazione solamente in alcuni casi (es. per gli agenti di commercio, in particolari casi per le professioni intellettuali, per i pensionati).

A differenza del Cococo, il Cocopro deve avere ad oggetto uno o più progetti specifici o fasi di lavoro determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. E' importante quindi che il contratto non mascheri un contratto di lavoro dipendente (subordinato). La riforma del mercato del lavoro ha fissato regole più rigide contro l’abuso di questo contratto da parte delle onlus e aziende che molto spesso mascherano un rapporto di lavoro dipendente con un contratto di collaborazione a progetto.
Proprio per questo, il Ministero del Lavoro ha voluto fornire chiarimenti ed indicazioni operative al proprio personale ispettivo – sulle base delle quali uniformare la propria attività di vigilanza – in merito all’utilizzabilità di questo tipo di contratto per il lavoro svolto all’interno delle organizzazioni non governative, delle onlus, nonché delle organizzazioni aventi finalità socio assistenziali e sanitarie.
In sintesi, nella circolare – in realtà piuttosto complessa e farraginosa – viene evidenziato che sono ammessi i Co.co.pro. solo in presenza di determinati elementi  e condizioni:

  1.  l’oggetto dell’attività deve essere chiaramente determinato nel contesto del più generale obiettivo perseguito dall’organizzazione;
  2.   deve essere individuato l’arco temporale per l’espletamento dell’attività progettuale;
  3.  il collaboratore deve avere “apprezzabili” margini di autonomia di tipo operativo (cioè non svolge compiti meramente esecutivi);
  4. deve essere possibile verificare obiettivamente il raggiungimento dei risultati attesi. Nelle organizzazioni socio-assistenziali, in particolare – secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – il collaboratore deve poter determinare unilateralmente e discrezionalmente, senza necessità di preventiva autorizzazione e successiva giustificazione, la quantità di prestazione socio/assistenziale da eseguire e la collocazione temporale della stessa.

In realtà, l’emanazione di una circolare operativa del ministero del lavoro rivolta ai suoi ispettori lascia presagire una imminente campagna di ispezioni e verifiche in materia di contrasto all’emersione. Proprio per questo sarebbe bene organizzarsi ed adottare tutte le cautele e difese del caso, onde evitare spiacevoli  sorprese.
                                          

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