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Somoza: «Ho conosciuto Francesco, è autentico»

Intervista al presidente dell'ong italiana Icei, al quale il nuovo pontefice insegnava Letteratura spagnola nel liceo in cui i gesuiti accoglievano i dissidenti della dittatura. «È l'arcivescovo che ha tenuto uniti gli argentini nel default del 2000, rifiuta lo spreco e i palazzi, vi sorprenderà»

di Daniele Biella

Jorge Mario Bergoglio è la persona giusta. Non ha dubbi Alfredo Somoza, presidente dell’ong Icei (Istituto di cooperazione economica internazionale), argentino come il nuovo pontefice Francesco I, ma soprattutto suo allievo al liceo negli anni della dittatura, quando all’università San Salvador il futuro papa insegnava Letteratura spagnola, oltre a dirigerne l’istituto come direttore provinciale dei gesuiti. “Stiamo parlando dell’unica università di Buenos Aires in cui potevano studiare i dissidenti al regime, tutelati dall’ordine gesuita e da Bergoglio in primis, che permetteva loro di riunirsi in assemblee quando in tutto lo Stato era vietato dalla giunta militare al potere”, spiega Somoza. Che oggi ha 55 anni, non è battezzato ma prova un “profondo riconoscimento all’opera dei gesuiti, che in Argentina sono da sempre dalla parte del popolo e preferiscono il rapporto diretto con la gente alle logiche di palazzo”.

Il primo papa latinoamericano in Duemila anni di storia della Chiesa. L’ha conosciuto, come lo vede?
Autentico, e rivoluzionario. Nel senso che ha già dato e darà forti segni in cui farà capire che si è arrivati a una chiave di volta anche nell’ambiente ecclesiastico. Le immagini di oggi possono risultare simboliche: paga il conto all’hotel, prende il pullman e non l’auto papale, rifiuta di sedersi al trono. Ma lui è proprio così, rifiuta lo spreco: a Buenos Aires dorme in un bilocale, gira in metropolitana, è sempre a contatto con la popolazione, conosce tutte le villas, le bidonville, ha la tessera da tifoso di un club minore della capitale, il San Lorenzo de Almagro. Per questo è stimato da tutti: si pensi che oggi il Clarìn, il giornale più popolare dell’Argentina, vicino al mondo sindacale, esulta per la sua elezione. Dopotutto, era lui alla guida della Chiesa argentina quando, nel 2000, è crollato tutto con il default. Economia, governo, banche, sindacati, non esisteva più niente se non l’istituzione religiosa guidata da Bergoglio: è stato lui a ridare fiducia alla gente, a stare al fianco degli ultimi, a condannare in toto il liberismo del Fondo monetario internazionale, del mondo bancario.

Che approccio potrà avere verso le grandi questioni aperte del mondo di oggi?
È un gesuita, il primo ‘Vescovo emerito di Roma’ di sempre, citando le sue parole dal balcone. Attenzione: non ha detto ‘papa’, e anche da questo si capisce il suo piglio, così come dal fatto che si è fatto benedire dal popolo prima di benedirlo, una mossa che attinge in pieno dal Concilio Vaticano II, anche se non dalla Teologia della liberazione, alla quale non appartiene ma dai quali sostenitori non è avversato, si veda l’augurio che gli ha inviato oggi Leonardo Boff. Bergoglio incarna in pieno i valori del suo ordine: mai a braccetto con il potere, spesso critico in modo costruttivo, magari conservatore nella dottrina della Chiesa ma progressista nei temi sociali, a fianco dei poveri, degli emarginati come i tossicodipendenti.

Per quanto riguarda i temi etici?
Bergoglio si è scontrato spesso con l’attuale presidente Christina Kirchner, è vero, ad esempio rifiutando i matrimoni omosessuali. Il fatto è che l’Argentina degli ultimi anni ha impresso una forte accelerata sui diritti civili, inaspettata per certi versi dallo stesso neopontefice, che in quel caso ha tentato di arginare gli eventi. Senza esito, tra l’altro, perché oggi tale diritto è riconosciuto nel paese latinoamericano. Comunque, ci tengo a ribardirlo, negli anni della dittatura ha apertamente espresso vicinanza al peronismo (la ‘terza via’ riformista di Juan Domingo Peròn, ndr) mai ai generali che hanno seminato il terrore in Argentina.

Già in occasione del conclave del 2005, però, era nato il dibattito sul suo operato durante il regime dittatoriale, soprattutto a causa delle critiche rivoltegli dal noto giornalista Horacio Verbitsky, autore del bestseller sui desaparecidos ‘Il volo’…
Sotto qualsiasi regime la Chiesa sceglie un profilo basso, che le permette di operare il meglio possibile rimanendo vicina ai propri valori. Nel caso dell’Argentina, però, l’istituzioni era fortemente compromessa con il potere dittatoriale. Ma non i gesuiti: l’esempio dell’università dove ho potuto studiare, io che ero dissidente politico, è lampante. Salvavano molte vite in quegli anni, ne sono stato testimone oculare. Di certo non denunciavano, ma se lo facevano venivano ridotti al silenzio rischiando una probabile morte. Operavano da dietro le quinte, come è avvenuto nel caso dei due gesuiti arrestati, torturati e liberati dopo sei mesi, la cui vicenda è stata messa in risalto da Verbitski e di cui oggi ne parla tutto il mondo. Lui si è chiesto se Bergoglio potesse essere ritenuto responsabile del loro arresto, io penso invece che è grazie al suo operato e a quello i tutti i gesuiti che i due religiosi ne sono usciti vivi, quando in quel periodo era molto più frequente ‘scomparire’. Lo stesso premio Nobel per la pace ed ex detenuto Adolfo Perez Esquivel la pensa così (in queste ore anche l'associazione 24 marzo, che opera per far venire alla luce i crimini dei generali, ha appoggiato Francesco I, sollevandolo da responsabilità nella dittatura, ndr).

Cosa ci si puo' aspettare dai primi tempi di papato di Francesco I?
Un forte rinnovamento. Con la sua semplicità, metterà mano agli scandali interni alla Chiesa puntando a fare più pulizia possibile. L’importante è lasciargli spazio. D’altronde se i cardinali di tutto il mondo hanno scelto lui, ‘andando a prenderlo alla fine del mondo’ come ha detto e scegliendo quindi il primo papa non europeo della storia, il significato è uno solo: cambiamento.


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