Cultura

Trentamila firme per Asia Bibi

Oggi verranno consegnato all'ambasciata pakistana di Roma

di Redazione

Oltre trentamila tra lettere e email. Questo il risultato della mobilitazione partita dopo la pubblicazione della lettera aperta che Asia Bibi, detenuta da 1.357 giorni nel carcere pachistano di Sheikhupura perché cristiana, aveva scritto lo scorso 8 dicembre.

«Prega il Signore e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari», così recitava l'appello della donna lanciato dalla prigionia.

Oggi, a Roma, le lettere cartacee e le e-mail destinate al presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari per chiedere la liberazione della donna, verranno consegnate ufficialmente alla signora Tehmina Janjua, ambasciatore della Repubblica Islamica del Pakistan in Italia. Saranno Luisa Santolini, presidente dell’associazione parlamentare “Amici del Pakistan”, Stefano De Martis, direttore di Tg2000 e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, a consegnare alla rappresentante diplomatica pachistana le firme raccolte.

Un risultato straordinario, che ha visto coinvolti uomini e donne di ogni età e di ogni ceto sociale. Dal Nord al Sud dell’Italia (e persino dall’estero) sono arrivati migliaia e migliaia di messaggi per chiedere al presidente Zardari di intervenire in favore di Asia Bibi. Una delle ultime e-mail giunte in redazione, viene dalla Repubblica di San Marino e contiene le 332 firme raccolte dal Centro sociale Sant’Andrea.

Intere famiglie si sono mobilitate per questa iniziativa, con raccolte di firme tra amici, familiari, nelle scuole e sul luogo di lavoro. Un grande contributo è stato dato da decine di parroci che, oltre a impegnarsi nella raccolta di firme al termine delle funzioni religiose, hanno portato avanti un’attenta opera di sensibilizzazione tra i fedeli sulla dolorosa vicenda di Asia. «Ci sono tante forme di oppressione che ostacolano la vita – ha spiegato padre Mario Aceto, parroco ai Santi Angeli Custodi di Roma –. In occasione della Giornata per la vita abbiamo deciso di sostenere questa iniziativa, per ridare la vita là dove c’è oppressione».

Fonte: Ilaria Sesana da Avvenire

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