Politica

Civati: la politica va rinnovata, con la piattaforma Cambiare l’Italia

Intervista a Pippo Civati, alfiere delle primarie Pd per premier e parlamentari: "ai giovani dico: basta delegare, entrate in azione". E boccia gli F-35 e l'autoconservazione dei partiti

di Daniele Biella

Giuseppe ‘Pippo’ Civati è uno di quei politici – da qualsiasi partito arrivino – che un giornalista vorrebbe incontrare più spesso: ha una mezz’ora libera nell’agenda di giornata, concitata più che mai perché si avvicina la scadenza elettorale (consigliere regionale lombardo uscente, da marzo 2013 siederà alla Camera in quota Pd, essendo in posizione sicura nella lista di candidati della sua circoscrizione)? Accetta l’invito a un’intervista pocket ma senza esclusione di colpi, seduti al tavolo di un bar. Classe 1975, laureato in Filosofia, padre da cento giorni e considerato giovane nel proprio partito, suo malgrado (“i giovani sono quelli di 20 anni, è un vecchio trucco del politichese considerarti tale”, ribatte), all’etichetta di ‘rottamatore’ preferisce quella di rinnovatore: “dopotutto ho già promosso e vinto due battaglie, quelle per le primarie per scegliere il premier e, ultimamente, i candidati al Parlamento”, spiega Civati. A Monza, dove è nato e vive, e in Brianza si è rivelato un mattatore di voti, ottenendo il 63% del totale.

Partiamo dalla piattaforma Cambiare l’Italia promossa da Vita. La porta in Parlamento?
Senza indugi. È l’ottimo punto di partenza per riportare la vera politica al centro dell’attenzione, i temi proposti sono indirizzati a una nuova immagine di spazio dell’agire pubblico. Una parte rilevante dell’attuale crisi politico-istituzionale è dovuta al fatto che sono state sottovalutate e confuse tutte le sfumature che vivono in mezzo al dualismo pubblico-privato. Spesso si pensa: o e l’uno o è l’altro. Sbagliando, perché in mezzo c’è la cooperazione sociale, la gestione condivisa delle risorse e i tanti modi di promuovere il welfare. Anche nel partito di cui faccio parte è presente questa difficoltà a rendersi conto di come stanno veramente le cose, ma si può partire valorizzando gli esempi positivi che già ci sono. Mi viene in mente, per esempio, l’ottima ricaduta che ha la gestione dell’acqua con la partecipazione delle istituzioni pubbliche.

Ma le istituzioni, in primo luogo a livello nazionale, più volte non si sono dimostrate all’altezza, uno dei tanti esempi è la questione della stabilizzazione e dei fondi del 5 per mille: ora pagano lo scotto, essendo uno dei momenti storici in cui la disaffezione verso i politici è ai massimi storici. Come uscirne?
Non servono né azioni di stampo sovietico ma nemmeno il liberismo sfrenato che ci ha portato alla situazione attuale. Nel mezzo c’è una ricchezza, e parlo anche in termini di persone, che porta nuovi pensieri politici deve trovare spazio nel nuovo Parlamento. Cito Pitagora: ‘porgi aiuto alla legge’. Guardiamo il 5 per mille: serve più che mai, ma ancora di più serve una consapevolezza generale sul significato culturale di tale provvedimento, come di altri. Basta promesse elettorali che lasciano il tempo che trovano, lavoriamo partendo dall’orientamento dei cittadini, per esempio affrontando temi ambientali e cooperativi, che hanno una ricaduta reale sulla vita delle persone. A cosa serve, per esempio, progettare nuove autostrade o infrastrutture? Oggi è necessario investire sulla mobilità sostenibile, parliamone in campagna elettorale.

I contribuenti stanno pagando 90 cacciabombardieri F-35, i partiti fanno proclami ma nessuno taglia tale spesa. Lei è favorevole all’acquisto?
No, sono contrario. Gli F-35 sono un simbolo, perché incorpora il pacifismo dentro temi economici. Quella che sta avvenendo è un’operazione inspiegabile in quanto a proporzioni: pur accettando che una certa ricerca anche nel mondo militare va fatta,  15 miliardi di euro sono una spesa folle. Parliamo di accordi già presi tempo fa? Allora perché il Canada, paese di certo non preda di pacifisti sfrenati, ha appena rivisto l’impegno all’acquisto? È ora di stabilire priorità, e gli F-35 non sono una di queste. Invece, un tema da trattare con urgenza è la lotta all’azzardo.

Aderisce al manifesto No Slot di Vita?
Sì. Il gioco d’azzardo è nocivo, ancora di più quando lo puoi trovare nel bar sotto casa, negli autogrill: ogni volta che vi metto piede c’è qualcuno che prende dei gratta e vinci, ieri ho visto una persona spendere 15 euro con molta semplicità: 15 euro sono tanti, in situazioni come queste. A livello regionale abbiamo promosso una legge apposita, che conservi il giusto equilibrio senza sconfinare nel proibizionismo ma tutelando i cittadini. È chiaro che il problema è di portata nazionale, perché lo Stato ci guadagna dalla diffusione del gioco: uno dei primi obiettivi da porci come Parlamento sarà quello di regolamentare tutto il settore.

Ha appena terminato un incontro con studenti delle superiori. Come li vede e come loro vedono lei?
Provano un evidente sentimento di disillusione, la quasi totalità vede la politica e i politici con il fumo negli occhi. Io dico loro: potete pure parlarne male, ma fatene un po’ di politica, non delegate tutto ad altri, altrimenti il mondo va per i fatti suoi e sempre peggio. Prendete l’esempio delle liste civiche, se i partiti proprio non vi piacciono: il patto civico di Umberto Ambrosoli in Lombardia è interessante sotto questo punto di vista. Il delegare è la fone dei mali dell’Italia di oggi, perché gli adulti fanno lo stesso. Mi viene ripetuto: “ti mando in Parlamento, pensaci tu”. È sbagliato, perché bisogna entrare in un processo decisionale collettivo, tutti assieme. Il sentimento di indignazione di oggi è legittimo, vanno però cercati sbocchi in modo urgente.

Ha fatto il servizio civile?
Si, con l’Arci, in alternativa al servizio militare obbligatorio. La partita legata al rilancio del servizio civile è fondamentale, perché spesso è la modalità con cui molti giovani passano dalla fine degli studi all’età adulta, al sempre più arduo ingresso nel mondo del lavoro. Strumenti come il servizio, che può anche essere un viatico per trovare un’occupazione, vanno tutelati, perché l’impegno civico di esperienze del genere è una risorsa in più per la società. La politica deve muoversi, aprendo nuove strade, si veda la Germania, che ha riformato il mondo del lavoro e oggi abbatte la disoccupazione puntando proprio su ricerca e sviluppo. In Italia si va al contrario.

Si sta diffondendo lo strumento delle start up…
È vero, danno la possibilità a molti giovani di concretizzare idee in breve tempo. Ma ora bisogna essere più efficaci: al di là delle mille euro di sconto fiscale per l’apertura, il sistema industriale deve accompagnare di più chi emerge, chi ‘rischia’ in settore innovativi come la ricerca e non si affida ai canali tradizionali come quello immobiliare, oggi una strada senza uscita. Anche qui la politica deve rinnovarsi, essendo più a fianco del cittadino di quanto lo sia stato in questi anni.

Per la classe politica, compreso il Pd, di cui fa parte, non è ora di un ricambio?
Il rinnovamento è urgente. Tra le mie battaglie c’è quella di far rispettare il limite di mandati per stare in Parlamento, sta avendo i suoi frutti perché molti dei ‘vecchi’ nomi in questa tornata sono rimasti fuori. Le cose stanno cambiando e si sta finalmente abbattendo l’autoconservazione presente in tutti i partiti, l’importante è d’ora in poi rendere l’operato di chi si siede in Parlamento qualcosa di diverso rispetto agli ultimi 20 anni, altrimenti il rapporto con i cittadini non lo recuperiamo più. Il pasticcio elevato a politica provoca solo ingovernabilità e il rifiuto del popolo verso coloro che lo dovrebbero rappresentare e ascoltare.

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