Volontariato

La legge-fortezza mostra le crepe.

Immigrazione/1. Tutti gli ostacoli della riforma. Politici, associazioni e ministri si interrogano sulla nuova normativa.

di Benedetta Verrini

Doveva essere ?un muro più alto contro i clandestini?, il fiore all?occhiello della campagna elettorale di Umberto Bossi, quella linea dura contro l?immigrazione clandestina promessa da Alleanza Nazionale: in realtà, il disegno di legge approvato due settimane fa dal Consiglio dei ministri comincia a trovare ostacoli sempre più ingombranti sul suo cammino. E non solo di ordine ideologico.
Prima di tutto, il provvedimento(che giovedì 27 è giunto all?esame della Conferenza Unificata) contiene tante prescrizioni, ma anche tanti silenzi come quello sulla copertura finanziaria che dovrebbe permettere allo Stato di sostenere ?iniziative di sviluppo umanitario? e di cooperazione con Stati stranieri. Una lacuna così grossolana che i tecnici del ministero dell?Economia hanno dovuto bloccare il testo per tentare di trovare una risposta in termini finanziari. Per non parlare dei veti già espressi dal Dipartimento per le riforme e dall?Inps, che hanno dato parere contrario alla questione della liquidazione dei contributi ai lavoratori che hanno cessato il lavoro in Italia e lasciato il Paese. Essi potrebbero richiedere la liquidazione dei contributi versati, maggiorati del 5%, ma il governo non ha ancora deciso come concederglieli. Poi c?è la questione della Consulta sull?immigrazione, l?organismo rappresentativo di tutte le organizzazioni che si occupano di immigrazione, che il governo non ha mai convocato durante la stesura del disegno di legge e che ora dovrà pure ascoltare. In quella sede, il mondo della solidarietà intende esporre dissenso e preoccupazione nei confronti della riforma: «Dal Consiglio dei ministri è uscito un provvedimento meno duro rispetto alle prime bozze», dice Pino Gulìa, responsabile del settore per la Caritas, «ma con l?accento solo su repressione e clandestinità, non su integrazione. È chiaro che il governo ha dovuto tener conto del pericolo terrorismo, ma le vie del terrorismo non sono certo quelle degli sbarchi da disperati sulle coste italiane».
Secondo le associazioni, infatti, l?inasprimento delle misure sull?immigrazione finirà per aumentare il fenomeno dell?irregolarità. Sotto accusa, prima di tutto, c?è l?aver ancorato il permesso di soggiorno alla durata del contratto di lavoro: «La soluzione proposta dal governo vincola l?immigrato a forme contrattuali vecchie di dieci anni, improponibili persino per un italiano», spiega Daniela Pompei della Comunità di Sant?Egidio. «Chi oggi ha un contratto a tempo indeterminato o un lungo contratto a termine? La maggior parte degli immigrati alterna impieghi di durata determinata a periodi di disoccupazione: si stima che siano almeno 150mila quelli che vivono da anni in Italia in questa condizione, o che lavorano in nero. Se la normativa dovesse irrigidirsi, questi verranno considerati clandestini ed espulsi. Credo che non si possa sottovalutare nemmeno il congestionamento delle questure per la necessità di rilasciare frequentemente (ogni nove, sei, o addirittura tre mesi), e in tempi brevissimi, i rinnovi del permesso di soggiorno agli stranieri con rinnovo contrattuale». Ancora, il mondo della solidarietà protesta contro l?abolizione dello sponsor, un sistema che in due anni ha consentito l?ingresso di 30mila stranieri: «Attraverso la sponsorizzazione gli stranieri utilizzavano un canale regolare d?ingresso, senza dover ricorrere alle vie clandestine», sottolinea Pompei. Sulla questione sponsor, e su quella ancora più spinosa della restrizione dei ricongiungimenti familiari, è la stessa maggioranza di governo che non riesce a fare quadrato: il presidente del Ccd Marco Follini, nell?intervista rilasciata a Vita la scorsa settimana, ha già ribadito di voler introdurre toni più morbidi e maggiore flessibilità. E il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha sottolineato di essere «per l?integrazione», aggiungendo che la proposta di governo «prevede una procedura rapida perché il lavoratore straniero possa entrare in Italia, firmare il contratto di lavoro e rimanerci, anche in caso di contratto a termine».
«Un altro aspetto su cui ci auguriamo un ripensamento è quello del diritto d?asilo», aggiunge Pino Gulìa. «Un materia complessa, che meriterebbe una legge specifica, è stata risolta in tre articoli. E mentre il ministero dell?Interno persegue un ambizioso Programma nazionale asilo, il governo concepisce una disciplina di serie B rispetto alle normative europee».

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