Comitato editoriale
Quali soluzioni per il futuro delle adozioni?
Di fronte alla crisi delle adozioni internazionali, Aibi lancia la riforma della legge 184 per rendere efficace, efficiente e meno caro il sistema e far sì che sempre più bambini siano accolti in una famiglia
I dati parlano di un calo continuo e allo stesso tempo di costi sempre più alti. Protagoniste di questo andamento sono le adozioni internazionali che tra il 2011 e il 2012 sono diminuite di circa il 23% passando da oltre 4mila adozioni di due anni fa alle poco più di 3mila dello scorso anno. Mentre il trend dei costi sostenuti dalle famiglie seguono un andamento opposto. Nasce da qui e non solo la preoccupazione sul futuro dell’adozione internazionale manifestata da Marco Griffini, presidente di Aibi – Amici dei Bambini, che oggi ha aperto i lavori del convegno “Efficienza, efficacia e risparmio nel sistema delle adozioni internazionali. Quali possibilità?”.
«Sono preoccupato perché non vedo preoccupazione» ha denunciato Griffini, ricordando a diminuire sono anche le adozioni nazionali, quindi non si tratta solo di un problema economico «Ma se si continua con questo trend, se la progressione verso il basso va avanti nel 2020 possiamo dire addio alle adozioni internazionali» ha osservato con forza ricordando le stime di Unicef sui bambini abbandonati nel mondo: 168 milioni. C’è un problema culturale anche legato alle parole «quando utilizziamo il termine special needs rischiamo di creare un ghetto, abbiamo inventato un termine discriminatorio». E poi c’è quella che per Griffini è la vera cultura negativa che guarda alla coppia che desidera adottare: «si pensa che sia egoista, invece va pensata come una risorsa. Perché adottare è qualcosa di insito nella mia natura» ha detto con foga «Se c’è un bambino abbandonato è giusto che sia adottato per cui la coppia deve essere considerata una risorsa da accompagnare non da selezionare».
Griffini, da parte sua sta «scaldando i motori» perché non appena si insedierà il nuovo parlamento presenterà una proposta per riformare la legge 184/83 lanciata alla fine dell’estate scorsa durante il convegno internazionale tenutosi all’interno della settimana di convivenza delle famiglie di Aibi. A oggi il manifesto per una nuova legge dell’adozione internazionale ha ricevuto 13.200 sottoscrizioni. Parole chiave del manifesto cui la proposta di riforma si richiama sono: accompagnamento e semplificazione delle procedure, ma anche riduzione dei costi e gratuità con delle vere e proprie novità per la normativa italiana come il passaggio della Cai al ministero degli Esteri, il riconoscimento della kafala «siamo l’ultimo paese europeo, anche la Grecia l’ha riconosciuta» e poi l’adozione del nascituro come prevenzione all’aborto.
Al tavolo con Griffini Antonio Crinò, direttore generale di Aibi, Elio Borgonovi di Cergas Bocconi, Paolo Polidori dell’Università di Urbino e la vice presidente della Commissione per le adozioni internazionali Daniela Bacchetta.
Se Crinò ha incentrato il suo intervento sugli aspetti economici presentando grafici e tabelle riassuntive sui costi delle adozioni in Italia «schizzati verso l’alto negli ultimi sei anni», suggerendo la necessità di introdurre economie di scala e denunciando la difficoltà di analisi comparate tra i diversi enti autorizzati, il professor Borgonovi ha invitato a porsi la domanda sull’effetto economico delle adozioni che andrebbero classificate come «attività sociale con rilevanza economica». Il docente del Cergas Bocconi nella sua riflessione ha sottolineato la necessità di una serie di azioni che andrebbero messe in campo: da quelle culturali alla possibilità di certificazione di tutti i processi fino a una loro accelerazione «che non andrebbe a incidere sulla qualità» ha sottolineato.
Il professor Polidori ha orientato la sua riflessione sul fatto che quello delle adozioni internazionali non è un «sistema complicato, ma complesso. Una differenza fondamentale perché la complessità è data dall’entrare in gioco di meccanismi imprevedibili come i sentimenti che sono la chiave del successo di un’adozione». Chiamato a ragionare del tema come esperto di economia pubblica ha ricordato come nel momento in cui si riconosce il valore sociale dell’adozione internazionale allora lo stato dovrebbe metterci risorse e impegno, «dobbiamo investirci? Lo Stato a questo punto deve essere erogatore di servizi o semplice garante e regolatore dei soggetti terzi più efficienti di lui?», tante le domande poste sul tappeto non ultima quella relativa alla Cai e al suo ruolo «andrebbe fatta lavorare come authority?»
A rappresentare la Cai la vice presidente Bacchetta che ha esordito dicendo di non aver alcuna intenzione di «fare da capo espiatorio», ma riconoscendo che tutto il sistema «ha bisogno di un miglioramento». Per la vice presidente della Commissione se è vero che «la nostra legge è un po’ datata e non è flessibile ai cambiamenti di questi anni ed è focalizzata sulla procedura» è altrettanto vero che il sistema può essere migliorato. Per Bacchetta non è tutto negativo, anche perché dai questionari del post adozione sul gradimento dei vari attori (enti, servizi territoriali, ambasciate e tribunali) non ci sono bocciature. Nel suo intervento ha anche illustrato i diversi modi di intervenire adottati dagli altri paesi «il nostro è un sistema che funziona e per esempio dopo l'ultimo convegno dei Paesi Aja siamo vissuti come un esempio».
E per conlcudere sulla proposta di legge targata Aibi, Daniela Bacchetta ha osservato che «c’è molto da lavorare».
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