Mondo

Usa-Russia, la guerra fredda sul sociale

Dopo il blocco di Mosca alle adozioni verso gli Usa, ora Washington scioglie il gruppo bilaterale sulla società civile, senza nascondere che si tratta di una ritorsione. Il portavoce di Putin minimizza, ma in tanti si chiedono quale sarà la prossima mossa

di Gabriella Meroni

Si inasprisce il contrasto tra Stati Uniti e Russia sul fronte dell'associazionismo e della collaborazione tra organismi del sociale. Dopo la chiusura di Mosca alle adozioni verso gli Usa, in aperta ritorsione Washington ha annunciato lo scorso 25 gennaio che si ritirerà dal gruppo di lavoro bilaterale sulla società civile, un progetto triennale che avrebbe dovuto rappresentare il "nuovo corso" nei rapporti tra le due nazioni inaugurato da Obama.

Il gruppo infatti era uno dei 20 istituiti tre anni fa dal presidente Usa con quello russo Medvedev in un'ottica di collaborazione e di intese bilaterali che avevano incluso anche progetti di solidarietà in Iran e Afghanistan e un nuovo trattato nucleare. Nel corso del 2012 tuttavia i rapporti tra le due superpotenze si sono incrinati, anche in seguito al ritorno al Cremlino del presidente Vladimir Putin, che ha accusato gli Usa di finanziare i gruppi dissidenti nel paese; nell'ondata di repressione che ne è seguita molte associazioni non profit sono state messe sotto accusa, e il Parlamento ha varato una legge molto restrittiva sui finanziamenti da parte di paesi stranieri ad associazioni russe, che arriva a definire "agenti stranieri" i volontari e operatori di organizzazioni finanziate dall'estero.

La situazione è precipitata quando il Congresso ha approvato il Magnitsky Act, con cui ha negato il visto ad alcuni funzionari russi accusati di violazione dei diritti umani perché sospettati di essere coinvolti nella morte (avvenuta in carcere in circostanze mai chiarite) del magnate Sergei Magnitsky: per tutta risposta Mosca ha deciso di bloccare tutte le adozioni di orfani russi da parte di famiglie americane, e proibito agli Stati Uniti di finanziare qualsiasi associazione considerata dalle autorità locali "politicamente attiva".

Il vice segretario per i diritti umani americano Thomas Melia ha dichiarato che la recente decisione americana di sciogliere il gruppo bilaterale è avvenuta "alla luce delle decisioni russe di ridurre la libertà della società civile", un fatto che "ha messo seriamente in dubbio l'utilità e anche l'adeguatezza del gruppo stesso". Non che l'organismo avesse lavorato un granché, visto che non si riuniva da più di un anno a causa di dissidi interni sorti già sulla definizione degli obiettivi e della composizione che doveva avere.

Il portavoce del presidente Putin, Dmitri S. Peskov, ha espresso "rammarico" per la decisione americana, ma ne ha anche minimizzato la portata. "Non significa nulla, di fatto", ha detto, "anche se ci dispiace molto che sia scomparso uno strumento di dialogo. E' un fatto negativo sia per Mosca che per Washington, anche se rimaniamo convinti che gli affari interni della Russia non debbano essere in nessun caso sottoposti al controllo internazionale. Possiamo scambiare opinioni e vedute", ha concluso il portavoce, "ma non siamo assolutamente disposti a discutere di politica interna".

Non mancano però le voci critiche che si levano direttamente dalla società civile russa, e a sorpresa non assolvono neppure gli Stati Uniti: "Improvvisamente la questione dei diritti umani è scomparsa dall'agenda Usa-Russia, forse perché Washington aveva bisogno dell'appoggio strategico russo in Iran e Afghanistan", nota Dzhibladze, presidente del Centro per lo sviluppo democratico di Mosca. "Quanto al gruppo sulla società civile, non è mai servito a niente. Sono contento che sia scomparso, almeno la smetteranno di far finta che queste sciocchezze servano davvero a costruire il dialogo".


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA