Welfare

Profughi, due mesi di proroga in extremis

Il percorso di accoglienza delle 26mila persone fuggite dalla Libia finirà il 28 febbraio 2013. Ma la Caritas lancia l'allarme: si rischia un'emergenza umanitaria

di Daniele Biella

Proroga sia, seppur limitata a 60 giorni. E' di venerdì 28 dicembre 2012, ultimo giorno lavorativo dell'anno e soprattutto agli sgoccioli della scadenza prefissata al 31 dicembre, la decisione del ministero dell'Interno di concedere altri due mesi di tempo ai richiedenti asilo fuggiti dalla Libia 18 mesi fa per essere aiutati dagli enti predisposti (buona parte dei quali non profit) a rendersi autonomi nella loro nuova vita italiana.

La circolare arrivata a cooperative sociali, consorzi e le altre organizzazioni di tutta Italia che da 18 mesi stanno gestendo la quotidianità  delle 26mila persone arrivate (la maggior parte viveva e lavorava in Libia ma aveva origini dell'Africa centrale), contiene importanti novità: si passa da un massimo di 46 euro a 35 euro procapite dato agli enti, ma viene specificato che tale spesa è per vitto e alloggio, escludendo quindi i servizi legali, medici, scolastici e altre tipologie di assistenza alla persona; inoltre, d'ora in poi la competenza passa dalla Protezione civile al ministero degli Interni (qui il comunicato sul sito ufficiale), con la conseguenza di fatto che non si tratta più di emergenza ma di gestione ordinaria.

Le disposizioni correnti però sembrano non essere definitive, in quanto in questi primi giorni dell'anno sono previsti incontri nelle prefetture locali tra i rappresentanti istituzionali e le organizzazioni per scandire operativamente la nuova proroga. Nel frattempo, la notizia della proroga last minute, seppur positiva, ha creato non pochi problemi a vari enti che, vista l'imminente fine del progetto, con la fine dell'anno avevano accompagnato alcuni profughi verso l'uscita dal progetto una volta ottenuto un alloggio esterno: con il rinnovo di 60 giorni dell'assistenza, le carte si sono rimescolate e molti operatori hanno dovuto passare una fine dell'anno piuttosto movimentata.

La Caritas Ambrosiana però ha lanciato l'allarme. «Si rischia l'emergenza umanitaria», fa sapere il direttore don Roberto Davanzo. Secondo l'ente infatti «serve più tempo. Una volta usciti dai centri di accoglienza, i soggetti più fragili chiederanno aiuto alla Caritas e ai Comuni, sovraccaricando una rete di aiuti già parecchio appesantita». Non solo, per Davanzo c'è anche un altreo rischio: «l'approssimarsi della scadenza del periodo di accoglienza crea tra gli ospiti una tensione che potrebbe degenerare in aperte rivolte». 

A convalidare l'ipotesi di Davanzo ci pensa un filamto de Il Fatto Quotidiano (in copertina) che documenta le prime rivolte degli ospiti dell'Hotel Giglio di Settimo Torinese

 


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