Mondo
Siria, l’inverno può essere drammatico
Il Sottosegretario agli Esteri è in stretto collegamento con il contingente italiano dell’Unifil, l’interforza Onu impegnata nel controllo del confine meridionale con Israele, di cui l’Italia ha ancora il comando
La guerra civile siriana alle porte e il flusso dei profughi in fuga rischiano di avere un impatto potenzialmente destabilizzante su un altro paese: il Libano. Ne parliamo con il Sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, in queste settimane in stretto collegamento con il contingente italiano dell’Unifil, l’interforza Onu impegnata nel controllo del confine meridionale con Israele, di cui l’Italia ha ancora il comando.
Dopo l’attacco terroristico di ottobre attribuito pressoché unanimemente al regime di Damasco, in Libano si auspica un impiego dell’Unifil sul confine siriano. È verosimile?
Un dispiegamento lungo il confine siriano è solo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a poterlo decidere con una nuova risoluzione.
La comunità internazionale ha finora escluso una missione di peacekiping in Siria, aiutare i profughi dai paesi di confine non è poco risolutivo?
C’è bisogno certo di nuove iniziative sia sul piano umanitario sia politico. La priorità, nessuno ha dubbi, è dare una risposta all’emergenza umanitaria accelerando gli interventi a favore dei profughi durante l’inverno. Sul piano politico, il gruppo dell’opposizione nato a Doha dovrebbe fare chiarezza sulla direzione che intende prendere la nuova leadership.
Ma la classe politica che guida la Syrian national coalition non rappresenta le forze militari in campo.
Le rispondo non come Sottosegratario del governo ma come esperto di risoluzione dei conflitti delle Nazioni Unite. In Iraq e Afghanistan, che sono certo due paesi diversi dalla Siria, abbiamo appreso un’importante lezione: evitare uno scollamento tra chi è sul terreno e chi vive all’estero e ritiene di rappresentare il paese. La creazione del nuovo gruppo è nata proprio dalla volontà di unire chi sta sul terreno e chi è fuori.
Finora la diplomazia ha fallito. Dopo il piano dell’inviato speciale dell’Onu Kofi Annan, perché dovrebbe funzionare quello di Lakhdar Brahimi?
Per due motivi. Il primo è che ogni periodo ha delle opportunità e delle crisi. La fase attuale è diversa da quella precedente. Sono passati tanti mesi, tanti morti e tanti accordi non rispettati. Il secondo è che Brahimi ha chiaramente un approccio diverso che sembra non indicare da parte sua un piano preciso perché vuole che le varie parti possano arrivarci da sole. Senza una prova del nove, c’è più probabilità di successo per un possibile negoziato. Annan aveva posto scadenza e punti, il piano Brahimi può approfittare invece di occasioni puntuali.
Il Libano è la prima fragile frontiera di questo conflitto. Quali sono i nostri impegni di fronte alle difficoltà che sta affrontando questo Paese?
Siamo attaccati alla stabilità del Libano, al dialogo interconfessionale e alla sua unità nazionale. Al momento il nostro impegno, insieme ad altri importanti interlocutori della comunità internazionale, è quello di evitare che ci sia un vuoto di potere. Ho un enorme rispetto per i politici libanesi e per le loro promesse, dobbiamo far capire loro che non sono soli. Il Libano sta soffrendo molto della situazione che si è venuta a creare nei suoi confini con oltre 100mila profughi che hanno fatto ingresso nel Paese e che nonostante le difficoltà è riuscito ad ospitare generosamente. L’Unhcr e il World food program stanno facendo la loro parte, ma è davvero lodevole l’operato del governo nel contenere il dilagarsi della crisi siriana.
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.