Cultura

Benigni, ci hai traditi anche tu

Nadia Bizzotto, della Comunità Giovanni XXIII, lancia un duro j'accuse al comico «sei ipocrita e complice di un sistema disumano»

di Redazione

Lo spettacolo di Roberto Benigni, “La più bella del mondo”, dedicato alla Costituzione Italiana, andato in onda su Rai 1 è stato un successo. Record di ascolti e critica in visibilio. Un lungo entusiastico applauso fatto di commenti lusinghieri e mediatiche pacche sulle spalle. Tutti d'accordo. Tutti tranne una. È Nadia Bizzotto, della Comunità Giovanni XXII che invece attacca frontalmente il comico con un suo messaggio aperto.

Ecco cosa ha scritto:
Tanti bei discorsi ma io mi sono svegliata stamattina per niente orgogliosa di appartenere a questo popolo, ma schifata della sua ipocrisia, quella che tu ieri sera non hai fatto altro che alimentare: sì, abbiamo proprio la più bella Costituzione del mondo, ma è anche la inapplicata, quindi la più derisa…
Caro Benigni, io vivo in carrozzina da 25 anni in seguito ad un incidente stradale all'età di 20 anni e ho capito bene che sono tra gli ultimi della mia società, quella società che tace su tante cose che non vuole vedere. Sono ultima tra gli ultimi, perchè da 5 anni tutti i giorni mi batto e incontro in carcere i “sepolti vivi”, gli ergastolani che la nostra bella Italia ha condannato a morire in carcere.

Ergastolani senza speranza, senza benefici penitenziari, persone che sono in carcere anche dal 1979, ragazzi di 40 anni che sono stati condannati all’ergastolo a 18 anni e che non sono mai usciti, neanche per il funerale del padre. Ragazzi che hanno vissuto più tempo della loro vita in carcere che fuori, persone che l’ergastolo se lo vivono sulla propria pelle, giorno dopo giorno, anno dopo anno, da decenni. Persone profondamente e completamente cambiate rispetto al tempo dei loro reati, ma che sono uomini da noi condannati ad essere per sempre cattivi e colpevoli, non ci interessa affatto che siano uomini nuovi, come ci chiede l'art.27 della Costituzione che ti piace tanto. Noi li vogliamo realmente far morire in carcere, tu che sei  contro la pena di morte.

Io li incontro: sono sempre lì, estate, inverno, Natale e Pasqua, hanno la cella del carcere come tomba. Vedo il tempo scorrere sui loro volti, settimana dopo settimana, e lasciare solchi profondi.   Ti avevamo chiesto un cenno, una tua parola ieri sera. Niente: indifferenza e silenzio. Eppure tutti quei bei discorsi sulla pena di morte: caro Benigni, quanta ipocrisia quando ci schieriamo contro la pena di morte immediata e condanniamo 1.500 persone ad una pena di morte al rallentatore. A morire giorno dopo giorno. Grazie anche al tuo silenzio.
 
«Erode mandò a decapitare Giovanni nel carcere. Quelli che mangiavano con lui a tavola non alzarono un dito contro quell’iniquità, ma continuarono a sganasciare. Col  silenzio sono divenuti complici»
(Don Oreste Benzi “Scatechismo”).

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