Famiglia

Saviano: «Far morire Mammut è arrendersi alla criminalità»

Lo scrittore lancia un appello per evitare la chiusura del centro territoriale del quartiere napoletano

di Sara De Carli

Per la maggior parte degli italiani, fino ad oggi, il mammut era solo un gigante estinto. Al massimo il simpatico Manny dell’Era glaciale. Ma oggi in molti avranno scoperto che il Mammut è anche un presidio dell’educazione e della coesione sociale a Scampia, nel cuore di Napoli, che affianca le attività di animazione territoriale con una finissima ricerca pedagogica.  Il centro Mammut gli italiani lo hanno scoperto grazie a Roberto Saviano, che ha postato oggi sulla sua bacheca di facebook  un invito a salvarlo. «Il Centro Mammut di Scampia sta chiudendo. Lasciarlo morire equivale a smettere di resistere alla criminalità. Il Comune di Napoli aveva promesso aiuti mai arrivati nonostante le esperienze pedagogiche del Mammut siano state fondamentali. Come il progetto Arrevuoto. Il Mammut, assieme al Gridas e ad altre esperienze, a Scampia sono lo Stato, o meglio, sono il diritto. Lasciar morire il Mammut è lasciare morire ogni possibilità di resistenza alla criminalità», ha gridato Saviano.

 

Roberto Saviano

«Il Centro ricerca e le varie attività che facciamo con le scuole e nel resto d'Italia non sono a rischio chiusura», spiega Giovanni Zoppoli, coordinatore del Centro. «Rischia invece di scomparire ciò che facciamo a Scampia, da cinque anni, nei locali di piazza Giovanni Paolo II, perché per quelle attività c'è biosogno di un finanziamento stabile e di un assetto organizzativo prevedibile». Il centro Mammut, come gran parte del welfare napoletano, ha ormai visto scomparire i finanziamenti pubblici: «da due anni non riceviamo un soldo dal pubblico, nè dal Comune nè dalla Regione. Da due anni non paghiamo regolarmente i nostri stipendi, quello di dicembre non siamo in grado di pagarlo del tutto», racconta Zoppoli. Il Comune però ha sempre promesso quei soldi, per cui l'attività al Mammut è andata avanti, seppur con sacrifici: «se anche i soldi arrivassero domani, a questo punto servirebbero solo per coprire i debiti». Per avere un'idea, all'inizio il centro poteva contare su 200mila euro l'anno, che sono spariti completamente. In questi due anni sono andati avanti grazie all'appoggio di privati e fondazioni, su cifre dell'ordine di un decimo di prima. Così il migliaio di bambini e ragazzi che oggi gravitano attorno al centro, rischia di non trovare più il suo punto di riferimento.

«La nostra non è una situazione isolata. Tutto il welfare a Napoli ha chiuso», dice Zoppoli. Così il Mammut ha lanciato proprio ieri la sua prima campagna di raccolta fondi, l’“Operazione Mondo Nuovo”, ovvero la vendita di 300 stampe d’autore in formato cartolina, firmate da Riccardo Dalisi e nate dall'incontro del maestro con la creatività dei bambini del quartiere. «Sul pubblico non si può più fare affidamento, non è solo questione di crisi. Ci siamo ispirati ancora una volta alla bellezza e rivolti a chi crede in un mondo nuovo».

Con Mammut lavora anche Intervita, per il suo nuovo progetto contro la dispersione scolastica, Frequenza200. Alessandro Volpi, referente programmi Italia, commenta così la notizia: «Mammut collabora con Intervita all'interno del network nazionale Frequenza200, sviluppando un percorso di ricerca azione sulla dispersione scolastica. La loro esperienza nasce con e nel territorio e sono riusciti a trasmettere con gesti concreti, azioni importanti a favore di bambini, ragazzi e adulti. Mi ha sempre colpito la loro difesa di Scampia come territorio di normalita' e non di esclusione, di ricchezza e non di sola poverta'. Il Mammut non deve chiudere perche' non siamo di fronte ad uno dei tanti progetti finanziati, ma un programma pedagogico e politico, che parte dal presupposto che politica e' cambiare la cultura. Il nostro lavoro in Italia come ong parte dalle stesse loro premesse e per noi sapere che siamo in squadra oltre che motivo dio orgoglio e' anche motivo di consapevolezza della bellezza dell'educare».

 


 


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