Cultura

La nuova lotta di classe

Lo spread, i mercati. Poteri verticali senza volto hanno sottratto sovranità al territorio e ai suoi soggetti impoverendo il ceto medio. È l'“ésprit de classe” che caratterizza la cultura oggi prevalente da Monti a Scalfari

di Giuseppe De Rita

Attraversiamo un tempo in cui è impossibile non notare una tendenza del potere a verticalizzare i meccanismi decisionali: si è preoccupati verso l’Europa, preoccupati verso i mercati, preoccupati verso le grandi banche internazionali, preoccupati per lo spread. Nei fatti queste preoccupazioni finiscono con il penalizzare il territorio e la dimensione orizzontale, come se la dimensione orizzontale fosse la causa della nostra incapacità di rispettare gli impegni internazionali.
 

Il sociologo Giuseppe De Rita

Tutto questo si riflette in tanti provvedimenti presi dal Governo. I comuni vengono ulteriormente penalizzati con logiche anche costituzionalmente strane. Le province continuano ad essere nel mirino perché, non si sa bene per quale ragione, la Banca centrale europea quest’estate aveva mandato una lettera in cui raccomandava di “abolire le provincie”. Non si sa come a Francoforte possano immaginare cosa significa per un piacentino la provincia di Piacenza o per un valtellinese la provincia di Sondrio.

Inoltre, è stata penalizzata la dimensione delle comunità montane. È stata eliminata gran parte di quella dimensione regionale che soltanto pochi anni fa sembrava quella privilegiata, non tanto nella Costituzione, non tanto nella legge istitutiva delle regioni stesse del ’72, ma addirittura dal Titolo V° della Costituzione approvato a tambur battente nella fase preelettorale del voto del 2001. Che poi lo spazio regionale sia stato utilizzato dai tanti “batman” per fare i comodi loro questo è un aspetto che non possiamo nasconderci.

Ma ciò che è importante sottolineare è che c’è un disegno per cui quella dimensione orizzontale tipica del nostro Paese viene eliminata. Alla fine sembra che ci sia una realtà internazionale tecnologica-finanziaria-economica che deve prevalere sul territorio. Perché succede questo? Perché una società come la nostra che è cresciuta sul territorio, che è cresciuta sulla dimensione orizzontale della vita, che è cresciuta nei distretti industriali, nei Comuni, nelle realtà territoriali di vario tipo, viene quasi brutalizzata? Perché c’è lo spread, perché ce lo dice l’Europa, perché in qualche modo il potere è altrove, perché la sovranità sembra slittata verso l’alto? Perché non siamo più sovrani?

Non è più sovrana la provincia, non è sovrano il comune, non è sovrana la comunità montana, non è sovrana la regione, non è sovrano nemmeno il Parlamento (che conta come il due a briscola, nelle partite attuali), non è sovrano lo Stato italiano che deve ubbidire ad altri altrimenti finisce come la Grecia e la Spagna.

Ma non è sovrana neppure l’Europa: se c’è qual cosa che in questi ultimi due anni di crisi ha dimostrato la propria inermità, ininfluenza, incapacità di governare i processi, è stata proprio l’Unione europea. La verità è che la sovranità sta ancora più in alto: nelle grandi centrali finanziarie, nelle grandi banche d’affari, nella speculazione internazionale, nell’avanzo di bilancio della Cina che comunque continua a comprare i titoli americani e in parte anche quelli italiani.

La sovranità è altrove, il territorio non funziona più come riferimento e questo è un sottile tradimento della storia italiana. È un modo di pensare alla storia italiana come a una storia che ritorna ad essere gestita dall’alto e non più dal basso. Abbiamo vissuto 50 anni di storia italiana all’insegna dello sviluppo dal basso, del rifiuto dei cento anni precedenti in cui tutto era pervenuto dall’alto. Il Risorgimento era venuto dall’alto, ideato da una ventina d’intellettuali che fra il 1820 e il 1860 avevano disegnato un’Italia all’ombra di una monarchia, affidando l’unificazione a un grande statista quale Cavour, attraverso una conquista sostanzialmente militare, di regni che si sfaldavano per conto proprio (tipo lo Stato pontificio o il Regno delle due Sicilie) e poi codificata, legittimata da plebisciti, che spesso risultavano fasulli.

Il primo rifiuto arrivato dal territorio, una reazione istintiva forte, si espresse con i cosiddetti “briganti” meridionali che furono soffocati in base all’idea che intanto si stava organizzando un disegno dall’alto, che era il disegno dell’Unità italiana. Ho letto recentemente un libro sul paese delle mie origini, Venafro. Venafro fra il 1860 e il 1863 ha avuto sommosse che hanno lasciato sul terreno oltre 2000 morti. Il che significa che tutto quello che abbiamo glorificato nel Risorgimento è costato caro, anche se probabilmente non poteva essere fatto altrimenti.

Noi cattolici abbiamo avuto sempre l’idea che se si fosse dato retta a Gioberti, a Cattaneo, a Rosmini, probabilmente un’Italia poteva nascere federale in alternativa a un’Italia accentrata sotto un re soldato cioè intorno a un’idea militare. Probabilmente da…


L'articolo integrale è sul numero di Vita in edicola dal 7 dicembre

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