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Ecco il volontario internazionale del 2012

E' Mauro Platè, 34 anni, cremonese e laureato in fisica. Vive con moglie e figlia a Scutari, in Albania, dove è a capo di un progetto dell'ong Ipsia per i migranti di ritorno. "Ho lasciato alle spalle la ricerca nucleare per stare in mezzo alla gente", racconta di sé

di Daniele Biella

“Volontario dell’anno? Chi, io? E perché?”. Mauro Platè, 34 anni, è la persona che il 1 dicembre 2012 riceverà a Roma il Premio del volontariato internazionale Focsiv, giunto alla 19ma edizione e promosso dalla rete di ong Focsiv-Volontari nel mondo. Platè, originario di Cremona, è impegnato da tre anni a Scutari, città del nord dell’Albania, come responsabile Paese di Ipsia, l’ong delle Acli, per il progetto Risorse migranti, che mira a sostenere i migranti di ritorno, ovvero i cittadini albanesi che dopo anni in Italia decidono di tornare in patria portando con sé l’esperienza lavorativa e umana maturata nel nostro paese. Prima dell’Albania, dove ora vive con la moglie Cristiana e la figlia Sofia Liria, nata in Italia “ma praticamente italo-albanese, dato che sta imparando le due lingue”, Platè è stato referente dal 2001 dei campi estivi in Kosovo sempre per Ipsia e nel 2006 ha svolto il servizio civile volontario in Argentina. Ma la sua storia personale ha un dietro le quinte che non t’aspetti: “nel 2004, dopo la laurea a pieni voti in fisica, ero ricercatore in un importante istituto canadese, ma quando ho realizzato che avrei lavorato per la ricerca nucleare, sono andato in crisi”, svela divertito Platè, “da lì la decisione di mollare tutto e di tornare alla mia passione, il volontariato internazionale e l’incontro con il diverso”.

La domanda la facciamo noi: perché hai vinto il premio Focsiv?
Me lo sono chiesto: la risposta che mi sono dato è che mi trovo a capo di un progetto, quello dedicato ai migranti di ritorno, che tratta un argomento non semplice ma fondamentale per lo sviluppo sociale di un paese, in questo caso l’Albania. Stiamo puntando a costruire percorsi personalizzati, a valorizzare il più possibile le competenze maturate dalle persone dopo anni in Italia e in Europa, dove i migranti sono veri attori di cambiamento. Tra una ditta di pannelli solari, uno studio dentistico, una serra biologica, una gelateria e una pizzeria al trancio, fino a una cantina di vini, abbiamo contribuito ad avviare almeno 30 microattività con a catena altre decine di nuovi posti di lavoro, questo impatto concreto è il segno che il progetto funziona. In realtà, comunque, il premio sarebbe da dividere almeno in due…

Chi sarebbe l’altro vincitore?
Mia moglie (collaboratrice Ipsia e ricercatrice universitaria in sociologia, sposata con Platè dal 2009, ndr), che ha condiviso questo percorso fin dall’inizio. Vivere in Albania con la famiglia è il valore aggiunto dell’esperienza: c’è un contatto e un confronto continuo con le persone che incontriamo, che ci vedono in mezzo a loro in tutto e per tutto, dato che abbiamo scelto anche di vivere in una zona molto popolare di Scutari, quella del mercato. Gli abitanti, che oramai ci conoscono e hanno ‘adottato’ Sofia, percepiscono la nostra voglia di stare qui e questo modo di relazionarsi non può che far bene al lavoro che svolgi.

Riuscite a ‘chiudere la porta di casa’ ogni tanto?
Sì, c’è molto rispetto. Veniamo salutati e fermati spesso in strada, ma nessuno viene a casa senza accordarsi prima. La nostra è una dimensione di condivisione più ampia possibile, ma non totalizzante.

Fino a quando rimarrete in Albania?
Il progetto si conclude ad aprile 2013, ma ci dovrebbero essere i termini per un rinnovo magari sotto altra forma, dato che sta avendo un riscontro positivo sotto tutti i punti di vista e che ci sono altre tematiche che potrebbero essere affrontate con successo, come il riconoscimento dei diritti previdenziali maturati dai migranti in Italia cosa che ora non accade se non ricorrendo a spese legali. Comunque, a noi farebbe piacere fermarci qui per ancora un po’ di tempo.

Le autorità albanesi come vedono le vostre attività?
C’è un buon rapporto con le istituzioni, che migliora con il passare del tempo. Si sono accorte che i migranti di ritorno sono un traino per lo sviluppo, in una situazione generale dove la crisi globale non sembra aver intaccato troppo il dinamismo che sta vivendo da qualche anno l’economia albanese. Ci viene riconosciuto il fatto che non stiamo potenziando solo l’impatto commerciale, ma anche quello sociale, attraverso i corsi di formazione o la sensibilizzazione verso gli stessi migranti che hanno aperto un’attività nell’inserire lavoratori appartenenti a categorie protette o nell’aiutarsi a vicenda, ad esempio aiutando chi vuole investire sul lavoro in campagna, oggi molto meno sviluppata della città.

 


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