Famiglia

Consumi: in difficoltà una famiglia su quattro

Dai dati dell'indagine Coldiretti-Swg il taglio delle spese per abiti e accessori, si salva l'alimentare con lo slalom tra offerte speciali, si riducono le dosi e si riutilizzano gli avanzi

di Redazione

Altro che luce in fondo al tunnel. Quasi una famiglia italiana su quattro (24%) si trova in difficoltà economiche, con un aumento del 3% rispetto allo scorso anno, ma soprattutto quasi la metà degli italiani (48%) pensa che la propria situazione sia destinata addirittura a peggiorare in futuro. Sono dati che emergono dalla prima indagine su “I comportamenti degli italiani nel tempo della crisi”, realizzata da Coldiretti-Swg a ottobre 2012, in occasione della presentazione dei dati Istat su fatturato e ordinativi dell’Industria, e che è stata illustrata al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio.
L’ottimismo degli analisti economici per il futuro non sembra – sottolinea la Coldiretti – trovare riscontro nelle famiglie, che nel 51% dei casi dichiarano di riuscire a pagare appena le spese senza potersi permettere ulteriori lussi, mentre una percentuale dell’8% non ha un reddito sufficiente nemmeno per l’indispensabile. Resta è vero un 40% di italiani che vive serenamente senza particolari affanni economici e un 1% che si può concedere dei lussi.
La Coldiretti sostiene che le difficoltà familiari «si trasferiscono nei consumi e contribuiscono ad alimentare un clima di recessione che fa prevedere alla maggioranza degli italiani (51%) un peggioramento della situazione economica italiana». Di fronte a questi dati, il presidente della Coldiretti, Sergio Marini sostiene che «è necessario rompere questa spirale negativa aumentando il reddito disponibile soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione», sottolineando altresì «la necessità di sostenere la ripresa dei consumi».

La ricerca Coldiretti-Swg analizza diversi aspetti, come per esempio il modo di affrontare le spese per i beni di consumo. Dai dati emerge che la maggioranza delle famiglie ricicla dall’armadio gli abiti smessi nel cambio stagione, con il 53% degli italiani che ha rinunciato o rimandato gli acquisti di abbigliamento e accessori che si classificano come i prodotti dei quali si fa maggiormente a meno nel tempo della crisi.
Sul podio delle rinunce insieme ai vestiti si collocano anche i viaggi e le vacanze che sono stati ridotti o annullati dal 51% degli italiani e la frequentazione di bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero, dei quali ha fatto a meno ben il 48%.
Coldiretti segnala sul lato opposto il fatto che solo il 17% degli italiani dichiara di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari, una percentuale superiore solo alle spese per i figli (9%).
Questi ultimi dati sono considerati «un fatto importante» dal presidente di Coldiretti «perché oltre un certo limite non è possibile risparmiare sull’alimentazione se non si vuole mettere a rischio la salute. Occorre diffidare dei prodotti alimentari venduti a prezzi eccessivamente bassi dietro i quali si potrebbe nascondere il mancato rispetto dei requisiti igienico-sanitari minimi che mettono a rischio la salute, ma anche lo sfruttamento dei lavoratori o dell’ambiente».

Come fare a risparmiare? Secondo la ricerca la maggioranza degli italiani diventa un vero detective nel momento di fare la spesa, con il 56% che fa lo slalom tra le corsie alla ricerca delle offerte speciali 3 per 2 e degli sconti, il 62% che confronta con più attenzione del passato i prezzi e oltre la metà (51%) che va a caccia dei prodotti che costano meno.
Ma non solo cambiano anche i prodotti che si mettono nel carrello della spesa con il 44% degli italiani che preferisce acquistare prodotti locali, l’11%quelli artigianali e solo il 9% quelli di una grande marca nazionale mentre per il 36% è indifferente e si guarda solo al prezzo o alla qualità. Da segnalare – precisa inoltre la Coldiretti –  come in questo periodo si stia assistendo al boom degli acquisti diretti dal produttore al quale si rivolge regolarmente ben il 14% degli italiani, il 48% qualche volta, il 27% raramente e solo l’11% mai.
La propensione al risparmio emerge anche dal fatto che due italiani su 3 (65%) hanno ridotto o annullato lo spreco di cibo per effetto della crisi. Tra coloro che hanno ridotto lo spreco il 67% lo ha fatto – conclude la Coldiretti – facendo la spesa in modo più oculato, il 59% utilizzando quello che avanza per il pasto successivo, il 40% riducendo le dosi acquistate e il 38% guardando con più attenzione alla data di scadenza.
Secondo Sergio Marino questo è «forse l’unico elemento positivo della crisi in un Paese come l’Italia dove a causa degli sprechi dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate». Il presidente di Coldiretti ricorda anche che in Italia gli sprechi alimentari equivalgono a un valore annuale di ben 11 miliardi di euro.

L’indagine di Coldiretti-Swg registra anche una riduzione, «un crollo» la definisce in una nota Coldiretti, degli acquisti di prodotti equosolidali che sono stati abbandonati dall’8% degli italiani che lo scorso anno li acquistavano regolarmente, scendono altresì gli alimenti etnici ai quali ha rinunciato nel corso dell’ultimo anno il 7% degli italiani. «La crisi – sottolinea la Coldiretti – colpisce anche la solidarietà che si esprime attraverso il commercio di prodotti equosolidali, spesso provenienti da Paesi del terzo mondo che nell’ultimo anno sono stati acquistati regolarmente o qualche volta solo dal 32% degli italiani, il livello più basso degli ultimi cinque anni».
«La crisi non incide sul bisogno di sicurezza alimentare dei cittadini che continuano a esprimere un forte interesse per le produzioni a elevato contenuto salutistico, identitario e ambientale», afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini commentando i dati relativi alla propensione degli italiani ad acquistare con regolarità o qualche volta prodotti biologici (46%), mentre rimane maggioritaria l’opposizione ai prodotti Ogm considerati meno salutari dal 57% degli italiani, con un 18% del campione che non ha risposto.
Marini conclude precisando che «esiste in realtà una polarizzazione nei comportamenti. Chi ha disponibilità di reddito ed è un consumatore attento alla qualità e alla tipicità consolida i propri stili, mentre chi si trova in difficoltà è spesso costretto a rinunciare».


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