Cultura

Oggi il Papa in Kazakhistan per chiedere la pace

Giovanni Paolo II oggi ai confini con l'Afghanistan, anche la sua sola presenza è ostacolo alle azioni militari. E' il suo 95° viaggio

di Redazione

Un viaggio di pace ai confini dell’Afghanistan, tornato in questi giorni al centro dell’interesse del mondo dopo i terribili attentati di New York e Wasghinton. Proprio nelle ore in cui si mobilita la macchina bellica piu’ poderosa del pianeta e quell’area dell’Asia centrale sembra diventare il crocevia di portaerei, cacciabombardieri ed aerei d’attacco alla ricerca del temutissimo sceicco Osama Bin Laden, alle 8.30 di oggi un areo Alitalia ha trasportato il pontefice, il suo seguito ed un gruppo di giornalisti alla volta di Astana, modesta capitale del Kazakhistan, ex repubblica sovietica. Un viaggio che fino all’11 settembre scorso era catalogato tra gli ”interessanti” soprattutto per i suoi risvolti ecumenici e per l’avvicinamento del vecchio papa alla tanto agognata meta moscovita. Ma non c’e’ dubbio che Karol Wojtyla sembra essere accompagnato da uno strano destino, quello di trovarsi al centro di storiche congiunture per l’umanita’. Ed anche questa volta il suo 95.mo viaggio pastorale in Kazakhistan ed Armenia assume dei contenuti inaspettati quanto importanti per la politica internazionale. Di fatto, i quattro giorni nel paese centro-asiatico, che confina con l’Afghanistan, sanciranno la politica vaticana in questa nuova, gravissima crisi internazionale. Il papa, certamente, come ha ripetutamente fatto in questi giorni, ripetera’ i suoi appelli alla pace che forse allontaneranno di nuovo la diplomazia vaticana dalla Casa Bianca, cosi’ come avvenne nei giorni della Guerra del Golfo e dell’embargo all’Irak. Ma la presenza di papa Wojtyla in Kazakhistan ed Armenia avra’ anche un altro risultato: quello di negare di fronte al consesso internazionale qualsiasi ipotesi di ”guerra di religione” che divida islam e cristianesimo, dopo le stragi alle Twin towers subito fatte risalire al fondamentalismo islamico. Una memoria storica di queste drammatiche divisioni si vive ancora in Armenia. Il papa visitera’ questo piccolo stato cristiano, quasi incastonato in un’area geografica a maggioranza musulmana, da martedi’ 25 settembre. L’Armenia ha pagato i suoi 17 secoli di cristianesimo con un tributo di sangue spaventoso e con un ultimo conflitto nel Nagorno-Karabakh. Sottomesso dagli ottomanni, nel 1473 il popolo armeno dovette subire feroci massacri e deportazioni di massa tra il 1894 e il 1918, tanto da poter parlare a pieno titolo di genocidio. Proprio quegli spettri, a sfondo religioso, sembrano riapparire dal fumo e dalle macerie di Manhattan e il papa fara’ di tutto per ricacciarli indietro. L’Osservatore romano, inquadrando la visita, ha gia’ parlato di un viaggio vissuto con la ”determinazione”, da parte del pontefice, ”sulle vie della pace, del dialogo e della riconciliazione”. Il giornale della Santa Sede da descritto ”un’umanita’ addolorata, disorientata, impaurita e incattivita” dopo gli ultimi, drammatici avvenimenti. ”In un momento di tensione della comunita’ internazionale, fra terrorismo e dichiarazioni di guerra – ha sintetizzato invece il senso del viaggio il vescovo di Astana, mons. Tomasz Peta – la visita del pontefice in Kazakhistan, paese dove convivono in pace oltre 100 etnie e diverse confessioni religiose, e’ una prova di speranza”. Speranza, appunto, ma anche una certezza: la vicinanza del pontefice nell’area avra’ come primo risultato l’allontanamento, almeno per qualche giorno, dell’attacco statunitense alle basi dei terroristi nel vicino Afghanistan.


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