Mondo
La strana alleanza fra Cina e Svizzera
Pronto un accordo di libero scambio che rafforzerà la già esistente partnership commerciale tra i due stati. Ma ci sarà posto per i diritti umani?
di Serena Carta
da Ginevra – È il signore seduto vicino a me a indicarmi i tibetani presenti nella sala. «Vedo più tibetani che cinesi – mi dice – Qui a Ginevra saremo in tutto un migliaio». Stiamo per assistere a un dibattito sull'accordo di libero scambio tra la Svizzera e la Cina che dovrebbe essere concluso entro la fine dell'anno. I tibetani, insieme agli uiguri e ai mongoli, sono la minoranza etnica più perseguitata in Cina e quando si parla di diritti umani calpestati sono i primi a indignarsi. Sono venuti in massa a onorare il protagonista dell'incontro, Harry Wu, icona della lotta contro la dittatura cinese. Attivista cinese imprigionato per 19 anni nei “laogai”, i campi di lavoro durante il regime di Mao, Wu è oggi direttore a Washington della Laogai Research Foundation impegnata contro lo sfruttamento dei lavoratori in Cina.
Cavolo cinese sulle bancarelle di Zurigo
Insieme all'UE, gli Stati Uniti e il Giappone, la Cina è oggi uno dei principali partner commerciali della Svizzera. Il volume di investimenti è piuttosto ingente. Sul sito dell'Ambasciata cinese in Svizzera sono riportati i seguenti dati: “Nel 2010 il volume degli scambi tra i due paesi ha raggiunto i 20,07 miliardi di dollari di cui 3,03 equivalgono alle esportazioni cinesi e 17,04 a quelle svizzere. Sempre nel 2010, il totale degli investimenti svizzeri diretti a sostenere 77 progetti in Cina è stato di 260 milioni di dollari”.
Il governo elvetico è determinato a concludere positivamente il trattato con il partner asiatico per permettere ai prodotti svizzeri di entrare nel mercato cinese in via preferenziale, beneficiando così di maggiori vantaggi per il settore finanziario e industriale. Dal gennaio 2011, periodo di avvio dei negoziati, si contano sei meeting ufficiali tra due i governi. Gli industriali svizzeri (rappresentanti dell'industria farmaceutica, dell'orologeria, dell'elettronica, della gioielleria…) vedono di buon occhio il trattato, che permetterebbe loro di esportare i prodotti senza pagare alcun dazio, attualmente molto alto. Alexandre Jetzer-Chung, consulente della multinazionale farmaceutica Novartis, ha dichiarato a SwissInfo che “rafforzare la propria presenza in Cina permetterà di essere più veloci dell'UE”.
Dal canto loro i cinesi sperano che la Confederazione apra il suo mercato all'ingresso dei prodotti agricoli coltivati in Cina, ipotesi che ha già creato malumori e proteste tra i contadini svizzeri.
Se le negoziazioni andassero a buon fine, il trattato di libero scambio con la Cina sarebbe il secondo concluso dal gigante asiatico con un paese occidentale. Prima della Svizzera, infatti, è stata la Nuova Zelanda ad aver intrapreso con successo la conquista del mercato cinese. A provarci dal 2008 è anche la Novergia, con la quale ogni relazione è stata però sospesa dopo che nel 2010 Liu Xiabao ha ricevuto il Premio Nobel per la pace.
Un accordo commerciale al servizio dello sviluppo e del rispetto dei diritti umani
Secondo le ong svizzere Alliance Sud, Societé pour les peuples menacés, Solidar Suisse, Déclaration de Berne e la Società per l'amicizia elvetica-tibetana fare affari con Pechino non è inoffensivo, soprattutto se la questione dei diritti umani rimane in sottofondo. Riunite in una piattaforma con l'obiettivo di vigilare sui negoziati tra Cina e Svizzera, dichiarano: “L'obiettivo principale dell'accordo deve essere quello di migliorare la situazione dei diritti umani in Cina, e più in particolare delle popolazione sfavorite. Uno stato che conclude un trattato con un altro deve infatti assicurarsi che i diritti umani delle parti più vulnerabili della popolazione, come il diritto all’alimentazione, alla salute, al lavoro ed all’alloggio decente non siano violati. Se non lo fa, rischia di infrangere i suoi obblighi extraterritoriali. Perciò, la Svizzera deve inserire nell’accordo alcune clausole obbligatorie sui diritti umani”.
Come dimostrano i rapporti annuali di Amnesty International e Human Rights Watch, la situazione in Cina è assai inquietante per quel che riguarda la violazione massiva dei diritti politici e civili. Come se non bastasse, il governo cinesi si rifiuta di firmare quattro trattati fondamentali della Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) che impongono il divieto di sfruttamento sul luogo di lavoro e la libertà di associazione.
In questo contesto, le cinque ong chiedono al governo svizzero:
• di inserire nell'accordo di libero scambio una clausola vincolante sui diritti umani per assicurare che i prodotti cinesi che entrano nel mercato svizzero non siano il frutto della violazione delle norme fondamentali imposte dall'OIL; nel caso del non rispetto dei diritti, si potrebbe così intraprendere una procedura sanzionatoria o di annullamento dell'accordo;
• di compiere una valutazione sulla situazione dei diritti umani in Cina prima della conclusione del trattato;
• di informare i cittadini svizzeri in maniera trasparente sulle negoziazioni, promuovendo dei meccanismi di consultazione e coinvolgimento della sociatà civile.
La testimonianza dell'attivista Harry Hu
Secondo l'attivista cinese Harri Hu, dai 3 ai 5 milioni di uomini e donne lavorano oggi in 1000 laogai in Cina: “Le informazioni di cui disponiamo sui campi provengono principalmente da testimoni oculari” – racconta. Hu sostiene che sia dovere dei partner economici della Cina includere il rispetto dei diritti umani degli accordi commerciali. “La realtà è che un buon numero di diplomatici e politici occidentali ignorano la gravità dello sfruttamento dei lavoratori in Cina” – dichiara Hu e per questo è convinto che: “Se queste persone conoscessero il numero di prodotti cinesi fabbricati con il sudore e le lacrime di lavoratori e lavoratrici privati dei loro diritti, allora sì che sentirebbero la necessità di portare i diritti umani sul tavolo dei negoziati”.
Per approfondire (in allegato)
1. Accord de libre-échange entre la Suisse et la Chine: mettre les droits humains au centre de l'accord (Novembre 2011) – Documento di sintesi redatto dalle ong svizzere rinunite nella Plateforme Chine
2. Accord commercial bilateral entre la Suisse et la Chine: dans le respect des standards minimaux en matiere de droit du travail (Maggio 2012) – Documento redatto dall'ong Solidar Suisse
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