Non profit

Partnership sociale: ma quanto vale?

In una ricerca di Aism si è applicato l'innovativo - per l'Italia - metodo Sroi (Social Return of Investment). I risultati presentati in un convegno per riflettere di Csr e partnership profit non profit

di Antonietta Nembri

Come si può valutare una partnership tra profit e non profit? È possibile, insomma dare un valore tangibile, misurabile a un’azione di Csr o filantropica? Sì, si può calcolare il valore sociale.
Un esempio di quello che vuol dire valutare una partnership sociale è arrivato durante il convegno promosso da Aism con il Gruppo24Ore “Valore e valori di una partnership sociale”.

A spiegare come l’associazione italiana sclerosi multipla si sia messa in questa scia il direttore operativo Antonella Moretti che ha tracciato il percorso fatto da Aism fin dal 1986, per rendere sempre più sostenibili i suoi interventi fino al punto da andare oltre il concetto di efficienza per arrivare a quello di efficacia, rendendo misurabile, anche economicamente, l’impatto sull’ambiente e sulla società delle sue attività. Ma come valutare il miglioramento della qualità della vita delle persone con Sm che sono i primi stakeholder di Aism? A parlare di questo Roberta Amodeo, past president nazionale di Aism e oggi presidente della Conferenza Persone con Sm che ha osservato la difficoltà di dare un valore alla qualità della vita che va oltre il puro dato economico, rivendicando altresì il protagonismo delle persone con Sm.

Tra gli strumenti il cosiddetto Sroi (Social Return of Investment): una metodologia che misura il valore sociale prodotto da servizi e interventi promossi in ambito sociale. In pratica offre degli strumenti per valutare gli investimenti e i progetti sociali in termini di produttività. Uno strumento importante quello dello Sroi che permette di misurare l’impatto degli investimenti, ottimizzandoli.
Nata in ambito anglosassone la metodologia è stata illustrata con efficacia da Marion Van Dijk, direttore generale di Social E-Valuator. La Van Dijk non ha trascurato di osservare come in un momento di crisi economica come l’attuale sia indispensabile ottimizzare gli investimenti che sono sempre meno. Sette i principi generali e dieci i criteri sui quali si basa il metodo, tra questi l’impatto sulla qualità della vita, il valore creato misurabile nei benefici che ne ricevono diversi soggetti sociali. Indispensabile poi essere onesti, trasparenti e accettare la valutazione dei risultati ottenuti. Un metodo che ha ricordato Van Dijk serve sia agli investitori sia alle stesse charities, ai primi per selezionare verso chi fare investimenti, ai secondi per legittimarsi. A breve, ha annunciato, sarà lanciato anche il webtool in italiano.

«Ma non basta collegarsi al sito, quello che presentiamo è il risultato di un lavoro durato un anno», ha spiegato Danilo Devigili, manager di Rga che ha illustrato la ricerca svolta su incarico di Aism per valutare le sue partnership: quella ultradecennale con OroSaiwa e quella più recente con il Gruppo Cariparma – Crédit Agricole. «Il metodo Sroi è stato un punto di partenza» ha avvertito Devigili. Anche perché nel rapporto accanto all’impatto sociale dell’investimento, si sono andati a valutare anche i benefici reputazionali e quelli economici diretti, come il ritorno a livello di fundraising per l’organizzazione. Con un premessa: evitare la ridondanza. Un’operazione complessa quella effettuata che ha dovuto fare i conti con molteplici stakeholder, con diversi parametri che tenessero conto del fatto che si andava a valutare una comunità di riferimento, due aziende diverse e una onlus (Aism). Per le imprese tra gli indici da tenere presenti anche lo Iep (indice equivalente pubblicitario), ma anche la reputazione «un dato non influente se si pensa che il 10% del valore di un’azienda è la sua reputazione» ha avvista Devigili.

Per arrivare ai risultati. Per ogni euro devoluto, nella partnership tra Oro-Saiwa e Aism, sono stati generati benefici per 5,6 euro, mentre nella partnership Aism – Gruppo Cariparma/Crédit Agricol si sono generati benefici per 1,6 euro, principalmente a vantaggio della comunità perché, ha sottolineato Devigili buona parte dell’investimento è andato alla ricerca sulla Robot aided therapy «la ricerca è ancora in corso, ha meno di tre anni e non è ancora possibile valutarla» per cui nella ricerca di valutazione è entrato circa il 50% del valore della partnership.

Alla tavola rotonda che si è aperta dopo le relazioni, con Antonella Moretti e lo stesso Devigili erano seduti Simona Barone, senior brand manager di Oro Saiwa, Patrick Popelin responsabile della direzione Csr del Gruppo Cariparma Crédit Agricole e Alessandra Viscovi Dg di Etica Sgr. Al centro del dibattito, non tanto i risultati della ricerca quanto il concetto stesso di possibilità di valutazione della Csr, le sue declinazioni dal volontariato aziendale, portato avanti, per esempio, da Kraft mondo e fatto proprio da Oro Saiwa in Italia, alla tradizione di Crédit Agricole che Oltralpe ha ricordato di  fare Csr da 100 anni «siamo la prima banca con la Csr in direzione» ha detto con orgoglio Popelin. E con un avvertimento per il mondo italiano dove qualcuno fa ancora confusione tra pubblicità e Csr.
«La sfida è fare proprie le regole della Csr» ha osservato Antonella Moretti che ha sottolineato come oggi «le aspettative dei finanziatori sono molto alte, sono dei veri investitori non solo dei filantropi».
 


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