Mondo

Portogallo: il welfare paga i conti della crisi

Quest'estate il Portogallo ha raggiunto il livello più acuto della sua crisi. E i tagli alla sanità mettono a rischio la tenuta del sistema. L'analisi di Mauro Serapioni, docente del Centro di Studi Sociali dell’Università di Coimbra

di Emanuela Borzacchiello

Era una notte dell’aprile 2011 quando con il viso più contrito che si potesse presentare, dopo che per mesi aveva cercato di allontanare dal palazzo del Parlamento lo spettro del default economico, l’allora primo ministro del partito socialista José Sócrates è costretto a riconoscere: «Abbiamo tentato di tutto, però siamo arrivati al punto in cui non prendere una decisione comporterebbe un rischio che il paese non può correre. Il Governo portoghese ha deciso di chiedere aiuto finanziaro all’Unione Europea». E aggiunge: «Lotterò affinchè abbia una ricaduta minima sulla popolazione». Un anno dopo, invece, le ricadute ci sono state e si sono rivelate pesantissime.
Il riscatto finanziario che il Portogallo deve pagare si aggira intorno ai 78.000 milioni di euro, finanziati per 50.000 milioni dalla UE e il resto dal FMI. La Troika europea in cambio del prestito ha imposto severe misure di austerità e il Portogallo dal 2011 ad oggi le ha seguite tutte. Solo che il debito pubblico invece di scendere è salito: era di 150 miliardi nel dicembre del 2010, nel 2011 è arrivato a 176, tocca il picco di 180 miliardi nel gennaio del 2012.
L’insofferenza della popolazione spinge ad un cambio di rotta e dopo sei anni di governo socialista il paese vira a destra con Pedro Passos Coelho, del Partido Social Demócrata (PSD, centro-destra) che vince le elezioni. Ma la situazione non cambia, anzi. Le misure di austerità adottate e una riduzione della spesa pubblica senza precedenti portano ad un solo risultato: questa estate il Portogallo raggiunge il livello più acuto della sua crisi, con il Pil che cade a 1,2%.

Il settore sanitario è stato il primo e il più colpito dai tagli alla spesa pubblica. Subito dopo, e per molti a pari merito, quello dell’istruzione. Per capire quale rischio corre il sistema sanitario sotto il fuoco incrociato delle misure di austerity, abbiamo incontrato in Portogallo il professor Mauro Serapioni, esperto nei sistemi di salute del sud Europa, insegna presso il Centro di Studi Sociali dell’Università di Coimbra. «Dagli anni ’80 ad oggi secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute, il Portogallo ha fatto dei passi in avanti enormi. L’indice della speranza di vita è passato da 71 anni nel 1980 a 79 anni nel duemila. Oggi ha il livello più basso di mortalita infantile dei paesi UE».

Abbiamo già dei dati per capire gli effetti dei tagli sul sistema sanitario?
«Dal 2011 la riduzione del budget previsto per la sanità è del 13%. Non ho dati altrettanto esatti per il 2012 (anche perchè l’anno non ancora è terminato, ndr) ma la percentuale dovrebbe aggirarsi intorno al 10%. Poi c’è stata la diminuzione del 25% delle ore di lavoro straordinario sia negli ospedali che nei centri sanitari, con un impatto significativo in termini di qualità delle cure fornite. A questo si aggiunga la riduzione considerevole della spesa farmaceutica dello Stato. E se lo Stato risparmia, automaticamente aumenta la spesa per i cittadini. L’intervento che ha ricevuto le maggiori critiche è stata l’introduzione della cosiddetta taxa moderadora, il nostro ticket, che ha aperto la strada alla compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria. Un elemento da spiegare è che la Costituzione portoghese non ammette che i cittadini compartecipino alla spesa pubblica, per tutelare il principio di gratuità del servizio pubblico. Per aggirare l’ostacolo hanno introdotto nuove diciture, come appunto la taxa moderadora, che però cambiano la sostanza stessa dell’impianto del sistema. Dal 1 gennaio 2012 c’è stato un aumento generalizzato di tutti i servizi sanitari, a partire dall’accesso al medico di famiglia. Se una consulta o una visita dal medico di famiglia costava 2.50 euro nel 2011, nel 2012 è salita a 5 euro. Oggi tutti i servizi si pagano, anche quelli di urgenza, e sono state ridotte quelle categorie di cittadini che possono usufruire dell’esenzione da questi ticket».

A chi è garantita la gratuità del sistema sanitario?
«Tutti pagano, sono esclusi solo quelli che hanno un reddito mensile inferiore ai 600 euro. In Italia abbiamo delle garanzie maggiori. In Portogallo non sono più esenti dai ticket i pazienti con malattie croniche, come la dialisi. Altra nota dolente è quella degli accorpamenti. A Coimbra, la città dove vivo, hanno accorpato due emergenze. Ma il problema vero è quello delle aree periferiche, dove sono stati chiusi molti piccoli ospedali e strutture ambulatoriali».

Per giustificare gli accorpamenti il percorso è semplice: il Ministero della Sanità alza gli standard di qualità che ogni struttura sanitaria deve avere per grantire il servizio, così chiudono quelle più piccole, periferiche e con meno fondi. Con questo meccanismo cresceranno le disuguaglianze geografiche?
«In Portogallo c’è un problema di disuguaglianze geografiche. Solo in tre grandi città, Lisbona, Coimbra e Oporto, si concentrano i servizi specializzati. Nelle altre aree interne quasi nulla. Molte donne, ad esempio, sono costrette ad andare in Spagna per partorire, perchè le unità sanitarie più vicine sono aradossalmente quelle spagnole» (vedi reportage su Sanità Spagnola e turismo sanitario, su Vita Magazine di agosto, ndr).

Qual’è il rischio più grande?
«Oggi la qualità delle cure è a rischio. Da quando hanno introdotto la taxa moderadora è spuntato fuori il settore privato. Varie unità private competitive hanno introdotto un prezzo favorevole anche per i servizi di urgenza. Nel settore pubblico un’urgenza la paghi 30 euro, nel pubblico 25. I prezzi si stanno allineando. Questa crisi sta permettendo al privato di riorganizzarsi e prevalere. Con un governo di centrodestra che appoggia il rafforzamento del settore privato».

Che impatto positivo puo avere la partecipazione dei cittadini nei sistemi sanitari?
«In Portogallo la partecipazione della cittadinanza è insufficiente, nonostante la rivoluzione dei garofani abbia creato le basi per un movimento di questa natura. I paesi dell’Europa del sud si caratterizzano per insufficienti movimenti di partecipazione e per un limitato livello di tessuto organizzativo. Esistono varie associazioni, ma non riescono ad avere un protagonismo adeguato per poter imprimere un cambio, per influire sul sistema. In Portogallo negli ultimi due anni è nato una sorta di forum partecipativo nell’ambito delle cure primarie. Alcuni rappresentanti dell comunità vengono coinvolti e partecipano per proporre per migliorare i servizi. Forum organizzati e previsti dal sistema sanitario. Le mobilitazioni dei cittadini ci sono, ma sono forme di proteste limitate per il loro carattere estemporaneo. Molte riescono ad impedire l’accorpamento o la chiusura di alcuni servizi, però sono movimenti occasionali e ben presto il movimento si spegne senza creare forme di partecipazioni. Nei paesi dell’Europa del sud abbiamo bisogno di mometi formali, istituzzionalizzati di partecipazione. E di un Sistema sanitario disposto a coivlgere i cittadini nei processi decisionali».

 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA