Non profit

Per giocare servono regole

Presentato al Meeting "Giocare per gioco, anno secondo". Dai giovani la richiesta di più trasparenza, più tutela, più responsabilità nella pubblicità. Si va verso una valutazione terza delle campagne pubblicitarie

di Sara De Carli

C’è la teoria del Grande Fratello, con una forza esterna al confine tra società e tecnologia, che spinge al gioco. C’è quella del public enemy, cioè di uno Stato che fa da collettore per queste forze esterne e tradisce quindi il suo ruolo di garante delle categorie meno protette. E infine c’è quella del drop by drop, preoccupata per l’azione invasiva della pubblicità, che goccia dopo goccia va comunque a formare una massa comunicativa giudicata invasiva. Sono queste le “teorie” con cui i giovani guardano al sistema del gioco, secondo quanto emerge dalla ricerca “Giocare per gioco, anno secondo” che verrà presentata questa sera al Meeting di Rimini. Si tratta del secondo step di una ricerca triennale, promossa dalla Federazione Sistema Gioco Italia e presentata da Giancarlo Rovati, sociologo dell’Università Cattolica di Milano. Per realizzare questa indagine hanno lavorato con i focus group e con un blog, per avviare una discussione tra giovani (18-27 anni) giocatori e non giocatori. Le tre teorie sono emerse lì.

«I giovani sono stati invitati a esprimersi secondo due punti di vista distinti, quello di valutatori esterni e quello di potenziali giocatori. Nel primo caso hanno une percezione del gioco abbastanza critica», dice Rovati, «che sottolinea i possibili rischi e la forte pressione sociale a giocare». Pressione pubblicitaria, facile accessibilità dei giochi e crisi economica sono i principali fattori di stimolo al gioco, la socialità è invece individuato come il principale argine contro eventuali eccessi del gioco. Lo Stato è percepito come attore ambiguo, i concessionari risultano ai giovani pressoché “invisibili”, essendo il loro ruolo non chiaro ai giovani, il divieto di gioco per i minori è pressoché ignorato. Accanto ai giovani sono poi stati analizzate anche le opinioni di un panel di professionisti adulti, non legati al settore dei giochi, accomunati da ruoli di grande responsabilità, da cui è emersa la necessità di una formazione/prevenzione su famiglie e insegnanti.

Le richieste che emergono quindi sono complessivamente quelle di più trasparenza, più tutela dei cittadini, più comunicazione responsabile. «C’è il riconoscimento dell’esistenza di una popolazione vulnerabile, che non sono solo i minori», prosegue Rovati. «Prendiamo atto dell’orientamento a trovare codici di autodisciplina, soprattutto sul confezionamento dei messaggi pubblicitari e sull’introduzione di forme di gioco controllato, soprattutto sull’online. Ci aspettiamo di sapere dalle aziende del comparto come questo potrà concretamente rappresentare una differenza. È importante infatti che le aziende, nelle loro politiche di marketing, intraprendano sempre di più una crescita di tipo responsabile e orientata al giocatore e alla società piuttosto che focalizzarsi sul prodotto».

«Il processo inizia da oggi», risponde Giovanni Emilio Maggi, Vice Presidente Federazione Sistema Gioco Italia – Confindustria. «La ricerca del primo anno ci ha consentito di individuare linee guida comportamentali che sono poi confluite nel Codice di autodisciplina della pubblicità, adottato dalle aziende aderenti alla Federazione Sistema Gioco Italia, contribuendo alla definizione dei toni di voce più adatti a veicolare il gioco come elemento sociale e di vero divertimento»,  ha dichiarato  Giovanni Emilio Maggi, Vice Presidente Federazione Sistema Gioco Italia – Confindustria.  «Grazie a questa ricerca abbiamo anche acquisito un metodo, ci siamo trovati in un workshop a porte chiuse per sintetizzare ed estrarre gli elementi su cui lavorare, rifaremo lo stesso anche quest'anno». Il Codice in realtà non è ancora stato presentato, lo sarà a fine settembre. Ma per Maggi potrà davvero cambiare le cose, perché è molto dettagliato. «Un articolo ad esempio stabilisce che non si può mai presentare il gioco come alternativa al lavoro o la vincita come soluzione a un problema finanziario». L'auspicio di Maggi è che il codice diventi «elemento vincolante per la concessione, valido quindi per tutti i concessionari, non solo per chi aderisce alla nostra federazione». Mentre antcipa di un confronto avviato con lo IAP (Istituto per l’Autoregolamentazione Pubblicitaria) al termine del quale lo IAP «potrà essere un soggetto terzo e indipendente per la valutazione delle campagne pubblicitarie»
 

 


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