Welfare

L’Unar funziona bene? Il Governo lo smantella

L'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali rischia la paralisi a causa della spending review: via il direttore, più che dimezzato il personale, nonostante anni di successi nella lotta alla xenofobia. Le associazioni si ribellano

di Daniele Biella

Sotto la scure della spending review finisce anche una delle esperienze più virtuose del Governo italiano in termini di lotta al razzismo: l’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Il 22 luglio finisce il mandato triennale del direttore, Massimiliano Monnanni che di sicuro non sarà rinnovato. Altri tagli sono previsti nell’organizzazione, che di fatto dovrà limitare molto la sua azione a fianco delle vittime di discriminazioni.

Appena saputa la notizia, decine di associazioni hanno cominciato una protesta di piazza via web che in poche ore ha riscosso centinaia di adesioni: “il ministro Fornero, alla recente presentazione del rapporto Istat sui migranti, si è prima congratulata con Monnanni, poi ha detto che per ragioni macroeconomiche, persone come lui dovranno lasciarci a ni suona un po’ come una presa in giro”, afferma la rete di giovani Near nel lanciare l’appello per far rimanere il direttore o comunque non smantellare l’Unar, dato che “dagli iniziali 23 dipendenti si è già scesi a 13 e si arriverà a 4 finali”.

 "Hanno fatto a pezzi l'Unar, liquidandone il direttore Massimiliano Monnanni, che in tre anni di mandato era riuscito a creare un punto di riferimento giuridico e civile fondamentale per la tutela dei diritti umani e la lotta alle discriminazioni", afferma Roberto Malini, presidente di EveryOne, organizzazione umanitaria internazionale con sede in Italia. "L'Ufficio, soprattutto nell'ultimo anno, era riuscito a diventare abbastanza autonomo, rispetto alle istituzioni. Inserire il 'ridimensionamento' dell'Unar fra gli obiettivi del decreto spending review è un'operazione sconcertante del governo Monti," prosegue Malini, "in questo modo si spegne definitivamente la già debole scintilla che, in Italia, rappresentava i diritti delle minoranze etniche, razziali e sociali".

Anche il direttore uscente ha detto la sua, una volta appresa la notizia della sua prossima destituzione, e si è affidato a una lettera aperta. “Un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato attivamente e con convinzione a questa eccezionale stagione di passione, impegno civile, cambiamento per l’affermazione di una cultura della non discriminazione diffusa, condivisa, concreta nella sua operatività quotidiana, ancorata ai territori e sganciata da qualsiasi ingerenza politica”, ha scritto Monnani, “negli ultimi tre anni l’Unar ha gestito un numero di istruttorie pertinenti quasi doppio rispetto a quello gestito in quasi il doppio degli anni dalla gestione precedente, mentre sono circa 200 i procedimenti giudiziari monitorati dall’Ufficio in tutte le diverse fasi previste, al duplice scopo di assicurare la tutela delle vittime e di verificare l’efficacia della norma, in particolare rispetto all’aggravante prevista dalla cosiddetta Legge Mancino, nella sua concreta attuazione”.

Nella lettera vengono elencati anche gli interventi su amministrazioni locali, aziende sanitarie, regioni, enti nazionali, così come in alcuni casi sulla stessa Presidenza del Consiglio presso cui opera l’Ufficio. Sono 12, invece, le Regioni che hanno sottoscritto accordi di collaborazione con l’Unar, mediante l’istituzione di centri territoriali contro le discriminazioni razziali (seguendo l’articolo 44 del Testo unico sull’immigrazione). Tanto lavoro che, nel tempo, ha reso l’Ufficio antidiscriminazioni un solido punto di riferimento per le associazioni di diritti uani e civili italiane. Nessuno ha chiaro ora, una volta passato la tempesta della spending review, cosa ne sarà nel ‘nuovo Unar’. Le previsioni sono tutt’altro che rosee.


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