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Emergenza siccità, il rapporto finale di Agire

Il bilancio dettagliato ad un anno dall'intervento. Il direttore Marco Bertotto: «Ogni euro ricevuto dai donatori è stato destinato al 93% ai programmi di risposta all'emergenza delle organizzazioni»

di Daniele Biella

Un anno dopo, Agire ha fatto il suo lavoro. Era il 17 luglio 2011 quando la rete di organizzazioni non governative raccolta nel cappello di Agire onlus, Agenzia italiana di risposta alle emergenze, lanciava l’appello per la peggiore siccità degli ultimi 60 anni che si stava registrando in tre paesi africani, Kenia, Somalia ed Etiopia: a 12 mesi di distanza, tutti i 2 milioni di euro raccolti sono andati a buon fine, destinati a progetti messi in atto in loco dalle nove ong presenti sul posto, Cesvi, Cisp, Coopi, Intersos in Somalia, Actionaid, Amref, Avsi in Kenia (clicca qui per vedere i dettagli di ciascun intervento, mentre il rapporto finale in inglese è scaricabile in alto a destra), Save the children e Vis in Etiopia.

“Tutti i progetti si sono conclusi in modo positivo”, afferma Marco Bertotto, direttore di Agire, “l’aiuto è andato a buon fine soprattutto per il forte radicamento e le buone relazioni con le istituzioni e la comunità locale che avevano già le varie organizzazioni. Anche un pool di esperti internazionali indipendenti che ha analizzato gli interventi ha dato parere positivo”. Uno dei più importanti strumenti concreti che è servito all’efficacia dell’azione di Agire è stata l’introduzione nei programmi di alimentazione di voucher spendibili dalla popolazione per acquisti in loco. “Ogni euro ricevuto dai donatori  è stato destinato al 93% ai programmi di risposta all'emergenza delle organizzazioni”, chiarisce il direttore del network. “Il 5% copre i costi del meccanismo di raccolta fondi mentre il restante 2% viene utilizzato per migliorare la qualità degli interventi umanitari, con attività di monitoraggio e valutazione dei programmi realizzati”.

Qual è la situazione attuale nella zona colpita? “La siccità è un problema ciclico, ma quest’anno si è ben al di sotto dei livelli dell’anno scorso “bisogna però sapere che è più costoso nutrire un bambino sottoalimentato che promuovere programmi di prevenzione alle catastrofi come la mancanza d’acqua”, risponde Bertotto, “purtroppo la comunità internazionale, in questo senso, non sta raggiungendo gli obiettivi che si era prefissata: doveva destinare alla prevenzione e alla mitigazione delle calamità naturali il 10% dei fondi, si è a malapena all’1%”. Oggi la grande criticità del contesto, “che ci ha causato non pochi problemi nella realizzazione dei progetti”, è l’instabilità politica: “in Somalia l’accesso è sempre difficoltoso per gli scontri in atto”, illustra Bertotto, “ e anche tra Kenia e la stessa Somalia crescono le tensioni”.

 


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