Non profit

No global, “arruolate” anche i carabinieri

Questa la proposta provocatoria di Sergio Paronetto di Pax Christi. "Il movimento deve scegliere la non violenza se vuole continuare a esistere."

di Redazione

«Pochi giorni prima di morire, Martin Luther King disse: ?Non è più questione di scegliere tra violenza e non violenza. Ma tra non violenza o non esistenza?». Per Sergio Paronetto, professore di lettere veronese e consigliere nazionale di Pax Christi (associazione aderente al Genoa Social Forum), da trent?anni studioso di pacifismo e non violenza, questa citazione del grande profeta nero della pace è diventata quasi un?ossessione. La ripete ai suoi studenti, nelle assemblee di Lilliput cui lo invitano a intervenire, ai giornali che lo intervistano. Senza stancarsi, con un tono solenne, quasi da ?vescovo laico?, che lo rende inattaccabile da ogni accusa di ingenuità o sprovvedutezza. Perché per lui, da cui abbiamo sentito nei giorni scorsi forse la più lucida analisi dei fatti di Genova, nonché la mappa più realistica dei veri nemici degli anti-global, il futuro del movimento «sarà non violento o non sarà». Vita: Professor Paronetto, a quasi due mesi di distanza, secondo lei che cosa è davvero successo a Genova? Sergio Paronetto: C?è stata una vasta zona grigia che è bene ora affrontare con calma. Perché le difficoltà di crescita del movimento per la pace riguardano anche il modo di pensare e di fare di alcuni ?pacifisti? o ?antiglobalizzatori?. Penso infatti che ci sia stato un difetto iniziale di coloro che si sono proposti prima di ?bloccare il G8?, e poi di ?violare la zona rossa?. L?enfasi su questi obiettivi, più la famigerata dichiarazione di guerra delle tute bianche, ha modificato l?ordine delle priorità. L?attenzione, complici i mass media, si è spostata lontano dai grandi problemi delle ingiustizie nel mondo, e si era in attesa di possibili incidenti. Vita: Che purtroppo si sono verificati. Per colpa di chi? Paronetto: Anche di una parte dei manifestanti. Che a volte, nel clima teso, ritengono secondaria la presenza di ?microviolenti? disposti a usare sassi, bastoni, scudi o a fare guerriglia urbana. Pur dissentendo o denunciando il fatto, qualche ?pacifista? pensa che si tratti di compagni che sbagliano. È un abbaglio! I violenti sono pericolosi avversari del movimento per la pace. Lo umiliano. Lo sgretolano. Lo screditano. È per questo che, a volte, vengono lasciati fare da chi dovrebbe fermarli. È una storia vecchia. .. Il modo migliore per eliminare o indebolire un soggetto politico alternativo è quello di minarlo dall?interno, portandolo al suicidio. Vita: Non le sembra una posizione un po? assolutista? In fondo scendere in piazza con degli scudi non significa automaticamente essere violenti. O no? Paronetto: Cerco di precisare ulteriormente. Luca Casarini dichiarò a Repubblica che «lanciare i sassi per fermare un inferno mi sembra legittimo». A mio parere, queste frasi rivelano disponibilità a tollerare la violenza. Casarini e gli altri non si rendono conto di usare proprio l?argomentazione di chi prepara le guerre o la corsa agli armamenti. Dire ?la vera violenza è quela dei potenti?, ?ci sono violenze più grandi? è pericoloso. La violenza fa sempre il gioco dei potenti, e le microviolenze rafforzano, imitano e giustificano le macroviolenze. Anzi: sono figlie e complici delle grandi violenze. Vita: Venendo all?oggi, che rischio corre il movimento se non farà, come suggerisce lei, una scelta assoluta per la non violenza? Paronetto: Il rischio è arrendersi. Cadere nella disperazione, incubare il cinismo. Il popolo della pace deve esprimere in tutti i modi la sua radicale estraneità, i suo irriducibile antagonismo nei confronti di ogni forma di violenza. La violenza è male perché è disumana. Come disse l?antropologo René Girard quando analizzò il ?ciclo della rivalità mimetica?. I nemici diventano l?uno lo specchio dell?altro, preda del contagio o ?invasamento mimetico?. L?automatismo della logica botta-risposta, amico-nemico, occhio per occhio è devastante. Vita: Qual è l?alternativa, allora? Paronetto: Lo ripeto: la nonviolenza, che rappresenta una ?biofilia operosa?. Una forma di sanità mentale, in definitiva. E attenzione: non sto parlando di un ambiguo e generico ?pacifismo?, ma di una non violenza realista, che assume il conflitto, lo attraversa, lo accompagna e lo conduce in modo costruttivo. Viviamo immersi nei conflitti. La vita personale è un conflitto, così come la storia. Ma il conflitto, che di per sé è un pericolo, può trasformarsi in sfida. Vita: La prospettiva, in effetti, è affascinante. Ma non sarà un po? troppo teorico quello che lei dice? Paronetto: Alla base della non violenza c?è un principio molto semplice da realizzare: la reversibilità. Occorre astenersi dall?irreversibile. Non si vince e non si perde mai ?definitivamente?. La non violenza lavora in profondità, può fiorire in luoghi che sembrano lontani da essa. Nei giorni, 62 studenti israeliani hanno scritto a Sharon dichiarandosi contrari a svolgere servizio militare in un esercito che viola i diritti umani. Marco Revelli dice che oggi stanno nascendo nuovi cittadini ?alla ricerca del luogo?, animati dal senso di responsabilità e dalla logica di gratuità e solidarietà. Dobbiamo essere dei loro. Vita: Il movimento degli anti-global ha un autunno molto intenso davanti a sé. E altre piazze da affrontare. Come evitare che si ripetano i fatti di Genova? Paronetto: Non ci si deve logorare nell?inseguire tutti i vertici mondiali. Ma valorizzare la formazione personale e collettiva, cioè il lavoro di base e di profondità. Non penso sia nostra intenzione limitarsi a gridare contro i grandi. O parlare ai vicini, ai già convinti. I nostri interlocutori o alleati non possono essere solo le persone o i gruppi già attivi ma gli uomini di buona volontà, le associazioni, le parrocchie, la scuola, gli artisti, i giovani gli anziani? Anche i carabinieri e i poliziotti, i soldati. Occorre moltiplicare i luoghi della comunicazione dentro e vicino ai luoghi della vita quotidiana, e crescere in sovranità civile. La fantasia della nonviolenza è feconda. Usiamola.


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