Famiglia

A Padova apre la Torre della Ricerca

Sarà inaugurato oggi il più grande centro europeo di ricerca sulle malattie infantili

di Sara De Carli

Oggi pomeriggio l’angelo aprirà le ali. La “Torre della ricerca” che verrà inaugurata oggi pomeriggio a Padova, infatti, ha proprio le sembianze di un angelo con le ali spiegate. Lo ha voluto così l’architetto Paolo Portoghesi, per ricordare i bambini su cui si concentra la ricerca che si farà al suo interno. Per questo la torre si avvita anche un po’ su se stessa, come la molecola del dna, simbolo per eccellenza della ricerca scientifica sanitaria.

 

L’HEADQUARTER DELLA RICERCA EUROPEA – La torre – 10 piani, 20mila metri quadri, costata 30 milioni di euro e costruita in soli tre anni di lavori – si chiama in realtà Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza. Sarà da oggi il più grande polo europeo dedicato alla ricerca scientifica sulle malattie infantili, in particolare sui tumori pediatrici. A immaginarlo e ad averlo realizzato è la Fondazione Città della Speranza, nata a Padova nel 1994 da un gruppo di imprenditori passati, con un figlio o con un nipote, proprio dal reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale di Padova.

Andrea Camporese, imprenditore vicentino, non fa eccezione. Dopo due mandati da presidente, da poche settimane è presidente onorario della Fondazione e sarà lui oggi pomeriggio a tagliare il nastro. Doveva esserci anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che invece non ci sarà perché impegnato nella visita alle zone terremotate: «Mi spiace, sarebbe stato un bel riconoscimento», dice Camporese. «In un periodo saturo di notizie negative, questa sarebbe stata l’occasione per far vedere al Paese un segnale di fiducia, di cose belle. Noi comunque lo aspettiamo, anche in futuro». Anche perché la torre della ricerca non vuole assolutamente essere una torre d’avorio: «gli spazi al piano zero saranno sempre liberi per mostre, aziende o associazioni che vogliono organizzare eventi».

 

OBIETTIVO, SVUOTARE IL REPARTO – Solo in Veneto, ogni anno, 150 bambini si ammalano di tumore. Dal reparto di oncologia pediatrica di Padova ne passano molti di più,  almeno 250. «Vorremmo svuotarlo, quel reparto che tanti anni fa abbiamo ricostruito», dice Camporese. La Fondazione Città della Speranza infatti, ne6 1994 partì proprio con il finanziare alcuni strumenti e alcuni interventi dentro il reparto, «poi abbiamo costruito il day hospital, poi i laboratori. Nel 1998 abbiamo scelto di dare nuovo impulso alla ricerca, impegnandoci a finanziarla con almeno un milione di euro l’anno, per almeno dieci anni», racconta.

Ad oggi, la Fondazione ha destinato 15/16 milioni di euro per la ricerca. «Da tre anni, poi, abbiamo assunto 22 ricercatori. Nel nostro bilancio del 2011 per la ricerca ci sono 1,5 milioni di euro e abbiamo appena concluso un accordo importante con la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che prevede 1 milione di euro l’anno per i prossimi dieci anni destinati alla ricerca». L’ultimo risultato è arrivato solo pochi giorni fa, quando due giovani ricercatrici dell’équipe di Paolo De Coppi, ricercatore dell’Università di Padova, punta di diamante della Città della Speranza e primario di chirurgia pediatrica all’University College di Londra, sono riuscite a guarire un topolino da laboratorio dalla distrofia muscolare, con cellule staminali prevelate dal liquido amniotico (le scorpì proprio De Coppi nel 2007, interamente finanziato dalla Città della Speranza). La Torre sarà «una casa» per i ricercatori: quelli della Fondazione Città della Speranza, ma anche dell’Università di Padova (si trasferiranno qui tutti i ricercatori dell’area pediatrica dell’Università e dell’Azienda Ospedaliera) e di altre realtà non profit, a cominciare dall’IRCSS La Nostra Famiglia Medea e dalla Fondazione Penta, un network europeo che si occupa di Aids pediatrico. «Ci lavoreranno 350/400 ricercatori, i primi traslochi saranno questa estate e a settembre saranno già operativi in 200», continua Camporese. Lavoreranno perché nel reparto di oncologia di bambini non ce ne arrivino più.

 

Il MODELLO – «Chi vuole fare e sa fare, lo faccia». È questo lo slogan della movimentazione nata attorno alla Città della Speranza, che nel 2011 aveva in bilancio quota 4 milioni di euro, entrate, di cui 740mila euro arrivati dalle 28mila firme del 5 per mille e che adesso ha 12 milioni di mutuo da pagare. «I 30 milioni di euro li abbiamo messi insieme davvero un euro alla volta», spiega Camporese. Eventi in proprio ne fanno pochi, spiega «più che altro autorizziamo eventi e raccolte che altri ci propongono. Pensi che l’anno scorso ne abbiamo autorizzati 365, uno al giorno». E per capire la mobilitazione racconta che «in questi giorni abbiamo avuto pulman di volontari venuti qui per pulire la struttura, in vista dell’evento di oggi pomeriggio. È questa la big society!».


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