Mondo
Cipsi su attentati Usa: no a guerra
Il Cipsi (coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale), composto da 34 Ong, si è riunito ieri a Milano ed ha diramato il seguente comunicato
di Paolo Manzo
L?assemblea dei soci del Cipsi (coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale), composta da 34 Ong di sviluppo e cooperazione internazionale, riunita a Milano il 16 settembre 2001, condanna il grave attentato dell?11 settembre di cui sono stati vittima gli Stati Uniti d?America ed è solidale con le famiglie delle migliaia di vittime della strage.
Il Cipsi prende atto che ci troviamo di fronte ad una crisi a livello globale, caratterizzata da una frustrazione diffusa e di conseguenza da un inasprimento della violenza a tutti i livelli: rapporti tra Stati, popoli, culture, religioni, individui, ed invita a sforzarsi di andare alle radici dei problemi. La violenza nel mondo, è opportuno ricordarlo, non è esplosa l?11 settembre con l?attacco alle Torri gemelle di New York : questo è solo l?ultimo e più eclatante episodio di una spirale crescente di violenza che ha accompagnato il passaggio dal XX al XXI secolo. Le contestazioni di piazza dei recenti vertici dei G-8 che sono esplose un mese fa in violenza a Genova, la competitività commerciale che ha determinato scontri tra i principali gruppi multinazionali, la recessione economica e la crisi del sistema finanziario, costituiscono l?insieme dei segnali che gli Stati, i governi nazionali, le istituzioni internazionali hanno avuto sotto gli occhi prima dell’11 settembre. Tutti questi segnali di una pericolosità e conflittualità crescente, a latere del processo di globalizzazione in atto, basato solo sulla competitività e sulla logica del libero mercato esistevano anche prima e bisognava prenderli in considerazioni ed prevenire la degenerazione in violenza..
I valori posti al centro di questo processo di sviluppo fondato sulla competitività, sulla mercificazione dei diritti, sullo svuotamento di potere del sistema delle Nazioni Unite, hanno portato a sottovalutare la rabbia crescente che si andava sviluppando e trasformando in odio, in una parte di quei 2/3 dell?umanità che subiscono sulla propria pelle le conseguenze di questo modello. Ricordiamolo: sono 1 miliardo e 300mila le persone vivono in condizioni di estrema povertà, decine di paesi coinvolti in passato ed ancor oggi in conflitti armati (grandi laghi, paesi dell?Est europeo, ?) che mietono vittime, le migliaia di morti per impossibilità di accesso all?alimentazione, all?acqua potabile, ai farmaci essenziali, le migliaia di vittime che subiscono le conseguenze degli embarghi economici (Cuba, Irak), ?
Anzichè dichiarare come Occidente una nuova guerra mondiale ad una parte dell?umanità, riteniamo sia giusto interrogarci se questo modello di globalizzazione è la soluzione più efficace per garantire a tutti i popoli, uno sviluppo economico stabile, una pacifica convivenza tra i popoli. Interrogarsi oggi, dopo la strage di New York, sulla globalizzazione e sulle sue tragiche conseguenze, non può essere semplicisticamente etichettato come un atteggiamento ?anti-americano?. Occorre con razionalità ed obiettività saper ragionare sulle cause di tutte le guerre e di tutte le forme di violenza connesse col processo di globalizzazione in atto.
Occorre inoltre trovare il coraggio di domandarsi se questo modello di globalizzazione in termini di costi e benefici, cioè di numero di beneficiari e di vittime, è la soluzione più efficace.
Come operatori di pace e di solidarietà internazionale le Ong del Cipsi sono abituati a ragionare senza pregiudizi ideologici, sui risultati, sui fatti e a ricercare le soluzioni più efficaci e concrete con cui garantire a tutti i popoli pari opportunità di accesso ai diritti fondamentali: cibo, acqua, salute, lavoro ?
Prima di scatenare la guerra del nuovo Millennio, le Ong del Cipsi chiedono a tutti di domandarsi: a chi giova questo tipo di risposta ? A salvare le borse finanziarie da un crollo? A interrompere la spirale di recessione economica degli Usa e delle principali economie europee? A garantire la ripresa della speculazione finanziaria dei grandi investitori? Oppure la guerra sarà veramente la soluzione in grado di isolare i violenti nel mondo, di ridurre i conflitti in atto, di garantire la pace e la convivenza tra israeliani e palestinesi?
Sarà il ricorso alla guerra che farà trovare le risorse per un piano di investimenti necessario per dare acqua potabile e sicurezza alimentare ai tre miliardi di persone che popoleranno il pianeta terra fra dieci anni? Sarà ancora posssibile finanziare il rilancio del sistema delle Nazioni Unite per contrastare la violenza e garantire una ?governance? democratica dei futuri processi di sviluppo?
Il sospetto è che la scelta di una terza guerra mondiale non giovi a dare risposte efficaci a queste domande o a costruire un nuovo mondo, privo di violenza.
E? necessario dunque analizzare con razionalità, obiettività il bilancio delle conseguenze connesse con una dichiarazione di guerra da parte dell?Occidente anche solo contro una parte dell?umanità e non solo a livello di rappresaglie.
E? dovere di ogni componente organizzata della società civile rivolgere questi insieme di interrogativi ai rispettivi governi e parlamenti nazionali, che in questi giorni devono definire le modalità con cui dimostrare la loro solidarietà al popolo americano attraverso risposte mirate. Anzichè far ricorso ad atti di guerra che possono solo inasprire la spirale di violenza è opportuno che l’occidente sappia individuare iniziative mirate di ?punizione? dei colpevoli della strage dell?11 settembre ed avviare strategie di isolamento dei gruppi violenti, senza però colpire popolazione civili.
Questa azione deve essere però associata ad una nuova volontà politica, da parte di tutti i paesi occidentali, d?impegno attraverso concrete risposte sul piano degli investimenti per la lotta contro la povertà. Diversamente se trionferà ancora la rassegnazione ai poveri senza speranza non resterà che confidare sulla violenza e questo sarà il trionfo di un processo di odio irreversibile fra popoli e cittadini.
Per ulteriori informazioni: 333.3461974; cipsi@cipsi.it
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