Politica

Jahier: «Con Van Rompuy, l’Europa è in buone mani»»

La riflessione del membro del Cese

di Redazione

di Luca Jahier (Cese)

In queste settimane bisogna mantenere i nervi molto saldi, lo sguardo lungo e soprattuto avere molta e determinata pazienza nel costruire in EU il necessario e più ampio consenso su misure che segnino un cambio netto della direzione sin qui seguita. E sono convinto che alla testa dell’Unione Europea vi sono in questo momento delle persone che, senza troppo rumore, hanno le caratteristiche per essere all’altezza della sfida.


Ieri sera, a Bruxelles, nel corso di una bella iniziativa per concludere le celebrazioni per il 10° anniversario della Cappella della Resurrezione, una cappella comune alle diverse confessioni cristiane e Chiese europee, posta in mezzo alle istituzioni europee per essere uno spazio di riconciliazione, speranza e aperura al trascendente, ha preso la parola per un discorso magistrale (in allegato) il Presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, sul tema “Mettere la speranza e la solidarietà dentro l’integrazione europea”.

Ha esordito dicendo che la questione cruciale di questo tempo, per noi e per il mondo intero, è “Dove sta andando l’Europa” E lui ha iniziato la sua riflessione da Martin Buber, ricordando che nella sua opera più egli mette al centro la relazione, “Ich und Du” Ed ha continuato, “nella mia ttività politica cerco sempre di ricordarmi che di feronte non ho numeri, ma persone, che la logica dell’individuo si definisce negando l’altro, la logica della persone si esplica nella relazione. In principio è sempre la relazione, l’incontro, la coscenza che l’Io diventa Io dicendo Tu e partendo dal Tu”

“E questa concezione personalista ha proseguito – di fronte ad un parterre di autorità e funzionari di tuttge le istituzioni europee – non è solo la convinzione mia e di molti di noi, ma è l’Europa: incontro, solidarietà, relazione, progetto comune, integrazione” Ed ha ancora detto che ciascuno di noi ha bisogno per la propria vita di appartenere ad una piccola comunità o and un mondo definito (la familiga, il gruppo sociale, la comunità locale, financo la nazione) ma abbiamo bisogno anche di una idea e di un progetto che trascenda l’individuo per realizzare pienamente il proprio “per se”. Bisogna recuperare quel supplemento d’anima, testuale, che è il cuore del progetto europeo, la sua ricerca di armonia, di comunità di destino, di concordia, di progresso condiviso, di pace.Ed ha concluso dicendo che bisogna sapere che noi tutti stiamo attraversando una vera crisi di civiltà e della cultura fondativa e centenaria del’Europa, attraverso il predominio totalizzante della logica dell’individuo.

E sapere che come la loogica di Buber, così anche il progetto europee sono del tutto controcorrente, proponendo un altro percorso e un altro metodo, che mette al centro la persona e la relazione, dentr4o una logica bifronte di responsabilità e solidarietà, Per questo, la sfida odierna di noi politici, per me ha detto ancora vera dopo quart’anni di poolitica è oggi quantomai cruciale, paso dopo passo, avendo presente il quadro e la metà».


Ne sono uscito davvero rincuorato. Saopere che in questo momento così cruciale, siamo nelle mani di uomioni così. Dei 4 uomini che sono incaricati oggi di preparare le proposte per il vertice europeo di fine giugno (Van Rompuy, Draghi, Juncker e Barroso), i primi due sono ex allievi dei gesuiti, il terzo viene dal movimento sindacale cristiano e il quarto diciamo che è almeno prossimo al mondo dei cristiani, attraverso i gesuiti e i francescani portoghesi in particolare. Come alle orgini del progetto europeo, dopo il baratro della guerra, furono tre grandi politici cristiani a tracciare la rotta che è ancora oggi fonte di ispirazione.
La battaglia non è più facile o più semplice, ma ci sentiamo tutti più sicuri.


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